perdonare
v. tr. e intr. [lat. mediev. perdonare, der. del lat. class. condonare «condonare» per sostituzione di prefisso] (io perdóno, ecc.). – 1. tr. a. Non tenere in considerazione il male ricevuto da altri, rinunciando a propositi di vendetta, alla punizione, a qualsiasi possibile rivalsa, e annullando in sé ogni risentimento verso l’autore dell’offesa o del danno; si costruisce per lo più con il compl. oggetto della cosa che rappresenta il male commesso e il dativo della persona: come noi lo mal ch’avem sofferto Perdoniamo a ciascuno ... (Dante); gli perdono l’offesa, il male che mi ha fatto; è una cosa che non potrò mai perdonargli; questa non gliela perdono; talvolta può mancare l’uno o l’altro dei due complementi, o tutti e due: l’uomo generoso deve saper p. ogni torto ricevuto; è un uomo che non perdona; alla prima si perdona, alla seconda si bastona (prov.). Altre volte si costruisce con il compl. oggetto della persona e con un compl. di specificazione della cosa: lo perdonai del male che mi aveva fatto; lo perdono del (o per il) torto subìto; oppure con il solo compl. oggetto della persona: perdonalo; morì perdonando i suoi persecutori. b. Rinunciare a dare la punizione che si potrebbe dare, per generosità d’animo, indulgenza, benevolenza e sim.: il padre è troppo buono, gli perdona ogni mancanza; gli ho perdonato la sua nuova scappatella. In questo sign. può avere, raramente, come compl. ogg. la pena che si risparmia (con sign. quindi analogo a condonare): gli perdonarono il resto della detenzione; p. la vita, fare grazia della vita. Con sign. analogo, in Dante (Inf. V, 103): Amor, ch’a nullo amato amar perdona, a nessuno che sia amato «fa grazia» dell’amare, non consente cioè che chi è amato non riami. c. Riferito a Dio come soggetto, rimettere i peccati o determinate colpe: Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia (Manzoni); speriamo che Dio gli abbia perdonato i suoi trascorsi; che Dio gli perdoni, che Dio ti perdoni, che Dio mi perdoni, modi fam., pronunciati anche in tono scherz., e a proposito di fatti non gravi. d. Con sign. attenuato, lo stesso che scusare, in espressioni di cortesia: mi perdoni se l’interrompo; perdoni il disturbo; perdoni la mia sincerità; perdonate l’ardire; e rivolgendosi a una persona per chiedere un’informazione o altro: perdoni, dov’è piazza Verdi?; e per scusarsi di espressioni audaci, o comunque inadeguate alla situazione: mi si perdoni la parola, l’espressione, e simili. 2. intr. (aus. avere) a. Risparmiare, aver pietà, offrire una via di scampo; è usato quasi sempre in frasi negative o di senso negativo, costruito con il dativo di persona: i nemici misero a sacco la città senza p. né a donne né a bambini; è una lingua maledica che non perdona a nessuno; anche di malattie che colpiscono in modo grave o contagioso e spesso mortale (come sinon., meno com., di risparmiare): il colera non perdonò né a poveri né a ricchi; è com. invece in usi assol.: è un male che non perdona, inguaribile, mortale. b. Col sign. di risparmiare, anche nelle espressioni, ormai ant., non perdonare a spesa o a spese, più raro alla spesa (oggi, non badare a spese): per aver d’ogni cosa rara non perdonava a spesa di nessuna sorte (Parabosco); le opere da lui fatte [dal pontefice] per favorir il concilio, ... non perdonando a spese per mantener il concilio in libertà (Sarpi). ◆ Part. pass. perdonato, solo raram. come agg., riferito alla persona: per questa volta sei perdonato; o alla colpa: peccato confessato è mezzo perdonato (prov.).