percossa
percòssa s. f. [der. di percuotere, formato sul part. pass. percosso]. – 1. a. Colpo più o meno violento inferto da una persona a un’altra con le mani, con un bastone o con altro corpo contundente: era malconcio per le p. ricevute; oltre agli insulti ebbe anche le p.; delitto di percossa, reato contro l’incolumità personale, che si verifica quando qualcuno colpisce fisicamente un’altra persona senza causarle però ferite o malattie nel corpo o nella mente. b. non com. Ferita, contusione o altro segno lasciati da una percossa: e non trovatoglisi piaga né p. alcuna, ... fu creduto lui di dolore esser morto (Boccaccio). c. non com. Più genericam., urto violento tra due corpi: sbatté con la fronte contro la parete e ancora porta il segno della p.; Null’altra pianta che facesse fronda O indurasse, vi puote aver vita, Però ch’a le p. non seconda (Dante), non si piega all’urto dell’onda come invece fa il giunco (simbolo dell’umiltà); e con uso fig.: Né mai saggio nocchier guardò da scoglio Nave di merci preciose carca Quant’io sempre la debile mia barca Da le p. del suo duro orgoglio (Petrarca). Nelle antiche artiglierie d’assedio, sostegno di percossa, robusto parallelepipedo di legno, rinforzato con bande di acciaio, su cui urtava la parte inferiore dell’affusto durante lo sparo dell’arma. 2. In meccanica, forza (detta anche forza impulsiva, forza di percossa, percussione), che si desta nell’urto di due corpi, caratterizzata dal fatto di agire per un tempo brevissimo (quello dell’urto, che può arrivare a un ordine di grandezza del decimillesimo di secondo), ma con tale intensità che l’impulso totale corrispondente (dato dal prodotto dell’intensità della forza per il tempo di applicazione della stessa) si mantenga di valore elevato.