parentado
(raro parentato) s. m. [lat. pop. parentatus -us, der. di parens -entis «parente»]. – 1. Legame di parentela: sette giovani donne, tutte l’una all’altra o per amistà o per vicinanza o per parentado congiunte (Boccaccio). In partic., il vincolo di parentela che si crea col matrimonio, quindi il matrimonio stesso, nelle frasi far p., concludere il p. e sim.: la madre della fanciulla, vedendolo bellissimo uomo, contro alla volontà degli altri [parenti] conchiuse il parentado (Compagni); non vedo proprio l’ora di saperlo concluso questo parentado, ma lo vorrei concluso bene (Manzoni). Con altro sign., ant. e scherz., fare p., congiungersi nel rapporto sessuale: incitandogli il buio e l’agio e ’l caldo del letto, ... cominciatisi a stuzzicare ..., insieme fecero parentado (Boccaccio). 2. In senso concr. e collettivo, l’insieme dei parenti: era presente alla festa tutto il p.; ogni volta che gli partoriva la moglie o la figliuola, invitava tutto il parentado a fare una bella mangiata (Verga); il villano nobilitato non conosce suo parentato (vecchio prov.). Anche, famiglia, casato: essere di nobile p., di gran p., e sim. 3. Con sign. più specifico, in antropologia sociale, l’insieme delle persone con le quali un determinato individuo intrattiene rapporti di consanguineità e di affinità, sia in linea paterna sia in linea materna: tale gruppo si configura con riferimento esclusivo a quell’individuo, e, a differenza della parentela, cessa con la morte dell’individuo stesso non essendo gli altri tutti tra loro imparentati.