pactum
s. neutro, lat. [propr., part. pass. sostantivato di pacisci «pattuire»] (pl. pacta). – Termine corrispondente all’ital. patto, conservatosi, al sing. o al plur. (pacta), in numerose espressioni giuridiche tradizionali, che si ricollegano al diritto romano o al diritto comune e mantengono in certa misura validità nell’ordinamento attuale. Si ricordano le più note: pacta adiecta («patti aggiunti»), clausole convenzionali accessorie di un contratto; pactum de dolo non praestando (letteralm. «patto di non corrispondere a un inganno»), con cui si conviene che l’obbligato non debba rispondere delle conseguenze derivanti dall’inadempimento volontario di un’obbligazione; pactum de non petendo («patto di non chiedere»), con il quale il creditore promette di non pretendere l’adempimento della prestazione (per es., il saldo di un debito) prima di un dato tempo; pactum praelationis («patto di prelazione»), accordo in forza del quale il venditore si riserva, qualora il compratore decida di rivendere la cosa, di comprarla lui stesso, con preferenza su altri eventuali acquirenti; pacta sunt servanda («i patti vanno rispettati»), regola con cui si afferma che non è possibile liberarsi unilateralmente dagli obblighi di un contratto, con riferimento soprattutto a impegni internazionali (la formula viene anche citata con sign. più ampio, per indicare, nell’obbligo di rispettare gli impegni assunti verso gli altri, il principio fondamentale di tutto il diritto privato).