ottuso
ottuṡo agg. [dal lat. obtusus, part. pass. di obtundĕre «ottundere»]. – 1. letter. In senso proprio, detto di lama o d’altro oggetto, non aguzzo o tagliente, quindi smussato, spuntato: spada o.; punta o.; un coltello col filo, col taglio o.; armi o., quelle usate un tempo nei tornei, fatte in modo da non nuocere all’avversario (e perciò dette anche armi cortesi); divenendo ottuso Perduto il brando omai di brando ha l’uso (T. Tasso); pon’ mano poscia Al pettin liscio, e coll’o. dente Lieve solca i capegli (Parini). 2. Con accezioni partic.: a. In geometria, angolo o., angolo maggiore di un angolo retto e minore di un angolo piatto (cioè superiore a 90° e inferiore a 180°). b. In botanica, detto dell’apice di un organo se i suoi due margini convergenti formano un angolo ottuso. 3. In senso fig., sempre in contrapp. con acuto: a. Con riferimento alla capacità intellettiva, che manca di penetrazione, tardo a capire, di scarsa sensibilità: mente o., cervello o.; ma sei proprio o.!; per estens., sguardo o., espressione o., che rivelano lentezza mentale. b. Riferito a un organo di senso, che ha perduto in parte la capacità di percepire le sensazioni: avere l’orecchio, l’udito o.; l’abitudine ai cibi piccanti rende o. il gusto. c. Di suono, che ha poca risonanza e breve durata, o che è sordo, cupo, velato: l’incalzare continuo di que’ rintocchi, i quali, ... per l’allontanarsi, venivan più fiochi e o. (Manzoni). Per estens., non com., di ambiente angusto, basso, con poca aria: una stanza o.; una volta ottusa. ◆ Avv. ottuṡaménte, in modo ottuso, con ottusità: pensare, giudicare, guardare ottusamente.