otre
ótre s. m. [lat. ŭter ŭtris]. – 1. Recipiente fatto di pelle di capra conciata e cucita, usato nell’antichità (e ancor oggi da popolazioni primitive) per contenere e trasportare liquidi, soprattutto vino e olio: generoso vino Chiuso in o. caprigno (V. Monti); per estens., la quantità di liquido contenuta in un otre: è stato bevuto un o. di vino. In similitudini: esser pieno come un o., di chi ha mangiato o bevuto in abbondanza; poco com. gli usi fig.: empirsi l’o., gonfiarsi l’o., il ventre; è un o. di vino, di persona costantemente ubriaca. Di tono letter.: è un o. gonfio di vento, riferito a persona vana e boriosa; forse per reminiscenza dell’otre nel quale il re Eolo aveva rinchiuso i venti sfavorevoli alla navigazione di Ulisse e che egli donò all’eroe quando questi lasciò la sua reggia, nell’isola Eolia, diretto a Itaca: della pelle Di bue novenne appresentommi un otre, Che imprigionava i tempestosi venti (Pindemonte, traduz. dell’Odissea, X, 26-28). 2. In matematica, o. (o bottiglia) di Klein, particolare superficie topologica unilatera: v. bottiglia, n. 5. 3. In oceanologia, denominazione delle onde morte, cioè di quelle onde marine che non sono più sotto l’influenza del vento che le ha generate, o perché il vento è cessato o perché le onde stesse si propagano in zone esterne a quelle dove esso soffia. ◆ Dim. otricèllo (v.), otricino; v. anche otricolo.