oste1
òste1 s. m. (f. -éssa) [lat. hŏspes -pĭtis (cfr. ospite), prob. attraverso il fr. ant. oste (mod. hôte)]. – 1. Padrone o conduttore di un’osteria (sia nel sign. attuale, sia in quello ormai ant. di locanda dove si trova vitto e alloggio): l’o. della «Luna piena», nei Promessi Sposi; oste, porta ancora mezzo litro! Tradizionalmente l’oste è spesso inteso come persona disposta a fare i proprî interessi a scapito di quelli degli avventori: per l’o. tutti sono galantuomini purché paghino; L’oste è peggior dell’inimico assai: Che s’ami l’inimico disse Cristo, Che s’ami l’oste non lo disse mai (epigramma incluso dal Giusti nella sua raccolta di proverbî toscani); Maledetti gli osti! – esclamò Renzo tra sé: – più ne conosco, peggio li trovo (Manzoni). Modi prov.: fare i conti senza l’o., prendere decisioni su cose che dipendono dalla volontà altrui senza interpellare la persona interessata, o, più genericam., non tenendo conto di fatti essenziali che ne potrebbero impedire la realizzazione; domandare all’o. se ha buon vino, fare domande alle quali si sa che l’interrogato non potrà rispondere se non in proprio favore. 2. ant. Ospite, sia nel sign. di chi ospita: questa vostra liberale venuta m’è troppo più cara ... come che a povero o. siate venuto (Boccaccio); sia nel sign. di chi riceve ospitalità, anche a pagamento: Ghino, di cui voi siete o., vi manda pregando ... (Boccaccio); Oste mio ne sarai sin ch’al viaggio Matutin ti risvegli il nuovo raggio (T. Tasso).