onomatopea
onomatopèa (meno com. onomatopèia) s. f. [dal lat. tardo onomatopoeia, gr. ὀνοματοποιία, der. di ὀνοματοποιέω, comp. di ὄνομα -ατος «nome» e ποιέω «fare»]. – In linguistica, modo di arricchimento delle capacità espressive della lingua mediante la creazione di elementi lessicali che vogliono suggerire acusticamente, con l’imitazione fonetica, l’oggetto o l’azione significata; può consistere in un gruppo o in una successione di gruppi fonici (brrr, crac; bau bau, tic tac; din don dan), in una serie di sillabe in unità grafica (patapum, taratatà, chicchirichì), o anche in una successione di più complesse unità ritmiche, per es. interi versi (costituendo in tal caso un accorgimento retorico, comunem. detto armonia imitativa: v. armonia, n. 2). In senso più concr., la serie fonica stessa, o la parola, la locuzione formate in seguito a tale procedimento, alcune delle quali subiscono un completo adattamento grammaticale, con l’aggiunta di desinenze e suffissi che le rendono elementi stabili (soprattutto sostantivi e verbi) del lessico della lingua (così bisbigliare, chioccolare e chioccolìo, tentennare, ecc.); per questi, non si parla più di onomatopea ma di origine onomatopeica, e il fenomeno rientra nel più vasto ambito dell’etimologia. Un particolare tipo di onomatopea è il fonosimbolismo (v. fonosimbolico). ◆ Con sign. simile, il termine è usato nella musica, con riferimento ai suoni imitativi che si hanno, per es., nella musica descrittiva.