onde
ónde avv. [lat. ŭnde], letter. – 1. È propr. un avv. di moto da luogo, che significa «da dove» o «da cui» e si adopera (come il sinon. donde) in frasi interrogative, dirette o indirette, e in prop. relative: Onde venisti? quali a noi secoli Sì mite e bella ti tramandarono? (Carducci); nessuno sapeva onde fosse venuto; salì su un’altura onde poteva dominare tutta la valle; quella finestra, Ond’eri usata favellarmi, ed onde Mesto riluce delle stelle il raggio (Leopardi); ritornarono tutti al luogo (o là) onde erano venuti; raro con la prep. da (cfr. d’onde, cioè da onde, per donde): Esser conviene un termine da onde Lo suo contrario più passar non lassi (Dante). Talora indica piuttosto provenienza: onde l’avete appreso? (da chi, da qual fonte); nessuno sa onde traggano tutti i loro guadagni; o provenienza e causa insieme: onde viene a te tanta superbia, che se’ una vilissima creatura? (Fior. di s. Franc.). In altri casi, spec. in principio di frase, indica conseguenza: onde avvenne che ...; onde segue, onde si deduce che ..., ecc. Raro e ant. come equivalente di «per dove»: Per mezz’i boschi inospiti e selvaggi, Onde vanno a gran rischio uomini et arme (Petrarca); talvolta preceduto dalla prep. per: il cristallo per onde passa la luce (Segneri). 2. Fa spesso le veci di un pron. relativo, in funzione di varî complementi: a. Di cui: questi I diletti, l’amor, l’opre, gli eventi Onde cotanto ragionammo insieme? (Leopardi); anche per indicare mezzo, materia: i panni ond’era coperto; il prezioso metallo ond’eran fatti i vasi. b. Da cui: i molti mali onde siamo afflitti; uno de’ poggi ond’è sparsa e rilevata quella costiera (Manzoni). c. Con cui: quel sermone Onde in Valchiusa fu lodata e pianta Già la bella francese (Parini); Un mazzolin di rose e di vïole, Onde, siccome suole, Ornare ella si appresta, Dimani, al dì di festa, il petto e il crine (Leopardi). d. Per cui, per il qual motivo: al popol tutto Favola fui gran tempo, onde sovente Di me medesmo meco mi vergogno (Petrarca). Con sign. affine, è spesso usato in principio di periodo, con valore di congiunzione (simile, per sign., a sicché, cosicché; cfr. anche laonde): onde è da sapere che ... Con partic. uso ellittico nella locuz. aver ben o., avere fondato motivo (di fare ciò che è detto precedentemente): Or ti fa lieta, ché tu hai ben onde (Dante); più com., con questo sign., aver ben donde. 3. Come cong. finale, affinché, perché: ho voluto insistere onde si convincessero; Ch’emenda poss’io fare, onde rimossa Mi sia una colpa tanto obbrobriosa? (Ariosto); Ma per istarme anche più occulto, ond’ella Ritrovar non mi possa ai contrassegni, Deposto ho l’ali, la faretra e l’arco (T. Tasso). Con questa funzione, regge di regola il congiuntivo, ma non è raro, spec. nell’uso burocr. o quando si voglia evitare la ripetizione di un per, l’uso con l’infinito, tradizionalmente considerato meno corretto: bisogna unire i nostri sforzi onde raggiungere la meta prefissa; restiamo in attesa di Vs. disposizioni, onde provvedere in conformità; così si è fatta ricca la Santuzza, e onde gabbare il mondo si è messa sul petto l’abitino di Figlia di Maria (Verga). Con l’infinito, del resto, è frequente anche nei varî usi in cui equivale a pron. relativo: cercava un’apertura onde (= per dove, attraverso la quale) uscire; non hanno onde (= di che) vivere; non vedo modo onde (= per mezzo del quale) obbligarlo. 4. ant. Ondeché o onde che, con due diversi sign.: a. Come avv. relativo, da qualunque luogo: dove che egli vada, onde che egli torni, che che egli oda o vegga, niuna novella altra che lieta ci rechi di fuori (Boccaccio). b. Come cong. conclusiva (in principio di periodo), per cui, cosicché, laonde: Onde che il duca deliberò non dipendere più dalle arme e fortuna d’altri (Machiavelli); onde per tutto Degli esanimi corpi ardean le pire (V. Monti).