omologare
v. tr. [dal lat. mediev. homologare, adattam. del gr. ὁμολογέω, der. di ὁμόλογος «omologo»] (io omòlogo, tu omòloghi, ecc.). – 1. Propr., riconoscere omologo, cioè corrispondente, conforme a una legge, a un regolamento, a norme o disposizioni determinate; quindi approvare, attribuire efficacia, dare effetto legale a un negozio giuridico soprattutto se compiuto tra privati, dopo avere accertato che esso sia rispondente alle condizioni stabilite dalla legge (o. la costituzione di una società commerciale, di una cooperativa, di un concordato fallimentare, di una deliberazione), e più genericam. ratificare, convalidare e sim. Nello sport, o. una partita, un primato, riconoscerli validi dopo averne verificato la regolarità. Nella tecnica, o. un prototipo, riconoscere ufficialmente che le sue caratteristiche e le sue prestazioni sono conformi a particolari norme o esigenze. 2. Con sign. fig. e più recente, riferito soprattutto a fenomeni sociali, culturali, di costume, adeguare a modelli dominanti, quindi rendere omogeneo, privo di originalità e autenticità: o. le forme del linguaggio (e nell’intr. pron.: le forme del linguaggio tendono a omologarsi); la società dei consumi tende a o. i comportamenti; ti vuoi forse o. alla massa? ◆ Part. pass. omologato, anche come agg., nelle varie accezioni del verbo.