ombrare
v. tr. e intr. [dal lat. umbrare, der. di umbra «ombra»] (io ómbro, ecc.), letter. – 1. tr. a. Ombreggiare, coprire d’ombra, fare ombra: un doppio filare di faggi ombrava il viale; Ombravano i buoi le chiuse (Foscolo); usato assol., spargere ombra: O sole; e tu pur fuggi, e fai d’intorno Ombrare i poggi (Petrarca). Intr. pron. ombrarsi, coprirsi d’ombra o d’ombre, oscurarsi (anche per il calar della notte): declinava il sole, E tutte già s’ombravano le strade (Pascoli). b. Rendere più scuro un colore; ombreggiare gli oggetti nel disegno, nella pittura: o. un volto, una figura in un dipinto. c. Velare, offuscare: io gli ombrava quel po’ di barlume che gli giungeva (Foscolo). d. Adombrare, cioè esprimere o rappresentare incompiutamente, velatamente: se vane furon le parole Che ombrasti appena su le nuove carte ..., Dolce mi fosti e dolce mi sarai Compagno tu nella solinga vita (M. Moretti, nella «Ode al lapis»). 2. intr. (aus. essere), ant. Adombrarsi: d’onrata impresa lo rivolve, Come falso veder bestia quand’ombra (Dante); la mia cavalcatura ombrava spesso (D’Azeglio). ◆ Part. pass. ombrato (v.), anche come agg.