odio
òdio s. m. [dal lat. odium, der. di odisse «odiare»]. – 1. Sentimento di forte e persistente avversione, per cui si desidera il male o la rovina altrui; o, più genericam., sentimento di profonda ostilità e antipatia: concepire, nutrire, covare o. contro qualcuno; portare o. a qualcuno; avere in o. qualcuno o avere qualcuno in o.; prendere in o. qualcuno, cominciare a odiarlo; essere, venire in o. a qualcuno (fig., essere in o. ai numi, alla sorte, al destino, averli nemici, essere sventurato; essere in o. a Dio e agli uomini, essere perseguitato, malvoluto da tutti); o. cieco, bestiale, feroce, accanito, mortale, implacabile; essere spinto, animato da o.; essere accecato dall’o.; aizzare, fomentare gli o. (tra famiglie, fazioni, ecc.); rivalità di mestiere che generano o.; il suo amore si mutò in o.; I0 parlo per ver dire, Non per o. d’altrui né per disprezzo (Petrarca); vieni, e vedrai con chi tu potevi tener o., a chi potevi desiderar del male (Manzoni); E quest’o. che mai non avvicina Il popolo lombardo all’alemanno (Giusti); parole, discorsi, scritti, sguardi pieni di o.; fare qualche cosa in o. a qualcuno, per ostilità che si prova verso di lui, quindi agire a suo danno; fig., in o. al vero, in o. alla legge, contro la verità, contro la legge. Per estens., avere in o. sé stesso, essere in o. a sé stesso, condannare severamente il proprio operato, non avere per sé e per la propria vita il naturale amore: E ho in o. me stesso, e amo altrui (Petrarca). In partic., o. di classe, l’ostilità e l’avversione tra le diverse classi sociali, e soprattutto tra la classe meno abbiente e quelle privilegiate; o. del popolo, traduz. della formula lat. odium plebis, espressione del diritto canonico che indicava l’avversione e il disprezzo della collettività dei fedeli verso chi ne aveva la cura spirituale, cioè il parroco; in o. all’autore, traduz. della formula lat. in odium auctoris (v.). 2. a. Con sign. attenuato, senso di ripugnanza, di contrarietà, d’intolleranza per qualche cosa, per cui si cerca di evitarla, di sfuggirla: avere in o. le chiacchiere, i convenevoli, le cerimonie; Quelle fiere selvagge che ’n odio hanno Tra Cecina e Corneto i luoghi cólti (Dante). b. letter. La giusta avversione, e quindi la condanna morale, del male: D’ogne malizia, ch’odio in cielo acquista, Ingiuria è ’l fine (Dante). 3. Con sign. concr., persona, cosa o elemento che è oggetto di profonda avversione, di totale rifiuto e sim.: avevo due anni ... e già un o.: la minestra, tutte le minestre (Palazzeschi).