nonpartito
(non-partito), s. m. Movimento politico privo della struttura e dell’organizzazione di un partito tradizionale. ◆ «Parlando con un giovane studioso di Oxford, lui mi faceva il paragone fra [Silvio] Berlusconi e [Tony] Blair. Gli ho risposto che Blair è un leader funzionale, perché il partito laburista gli preesiste e continuerà ad esistere anche dopo. Berlusconi invece è un leader esistenziale. Senza di lui non esisterebbe Forza Italia. Il giorno in cui verrà eletto, come aspira, presidente della Repubblica, il problema si porrà. Come potrebbe dunque un nonpartito assorbire un partito vero?» [Francesco Cossiga riportato da B(arbara) J(erkov)]. (Repubblica, 26 novembre 2001, p. 18, Politica interna) • Caro direttore, per più di dieci anni Forza Italia è stato considerato un non-partito, un partito di plastica. Questo giudizio nel mondo politico non è mai cambiato, nonostante studiosi prestigiosi nelle loro ricerche comincino a riflettere sulle trasformazioni e l’evoluzione che il partito fondato da Silvio Berlusconi ha subito in questi anni. (Sandro Bondi, Corriere della sera, 1° novembre 2007, p. 13, Politica) • È stato Giuliano Ferrara, all’inizio della campagna elettorale, a scegliere prima Maria Luisa Tezza (gliel’avevano presentata alcuni amici) e poi Massimo Galli Righi (lui si era presentato da solo) come candidati per la «lista di scopo». La natura del «non-partito», come l’ha chiamato anche l’ex ministro del primo governo Berlusconi sul «Foglio», è la chiave della decisione presa dai due forzisti veneti. (Stefano Totoro, Libero, 22 giugno 2008, p. 12, Italia).
Derivato dal s. m. partito con l’aggiunta del prefisso non-.
Già attestato nella Repubblica del 5 luglio 1987, p. 4, Politica (Antonio Cianciullo), nella variante grafica non partito.