non-cittadino
(non cittadino), s. m. Chi non gode dei diritti di cittadinanza. ◆ Per concedere il voto amministrativo agli immigrati serve una modifica alla Costituzione? «Oggi l’opinione prevalente tra i giuristi, e anche la mia, è che la modifica dell’articolo 48 non sia necessaria. Almeno per il diritto di voto alle amministrative. Si può procedere per legge. Ma per ora la legge non dice che quel diritto spetta anche ai non cittadini e ai non comunitari» [Franco Bassanini intervistato da Mario Porqueddu]. (Corriere della sera, 28 luglio 2004, p. 16, Cronache) • È stato sufficiente che un impiegato zelante eseguisse il compito che gli era stato affidato e clic, un’intera generazione di uomini e donne è stata «erased» – come dicono i computer – cancellata. È l’altro volto dell’efficienza, quello che in Slovenia ha portato nel 1992 alla cancellazione dai registri di residenza di 18 mila persone, diventate da un giorno all’altro straniere in casa propria, non-cittadini del loro stesso paese. (Francesca Sforza, Stampa, 27 dicembre 2006, p. 17, Estero) • Tutto l’Occidente deve fare oggi i conti con «una massa stabilmente residente di non-cittadini, che non possono né vogliono essere né naturalizzati né rimpatriati» e i rom ne sono l’esempio per eccellenza. Li si può dire «rifugiati», «apolidi di fatto», «non cittadini». La loro irriducibilità all’assimilazione li rende minacciosi ai nostri occhi, esaspera l’intolleranza, incuba reazioni xenofobe. (Giuseppe D’Avanzo, Repubblica, 28 giugno 2008, p. 1, Prima pagina).
Derivato dal s. m. cittadino con l’aggiunta del prefisso non-.
Già attestato nella Repubblica del 26 febbraio 1986, p. 9, Elezioni francesi (Bernardo Valli), nella variante grafica non cittadino.