nomare
v. tr. [der. di nome] (io nòmo, ecc.), ant. o letter. – 1. Nominare, nel senso di assegnare, imporre un nome, o in quello di chiamare con il proprio nome o con altro particolare appellativo (che viene esplicitamente indicato): per nomi alle qualità di ciascuna convenienti o in tutto o in parte intendo di nominarle: delle quali la prima ... Pampinea chiameremo ... e l’ultima Elissa non senza cagion nomeremo (Boccaccio); Questo affannoso e travagliato sonno Che noi vita nomiam (Leopardi); i nostri oppressori ci nomeranno ben presto loro signori e padroni (I. Nievo). 2. estens. Chiamare per nome, menzionare persone o cose nominandole, dicendone cioè il nome: Poscia ch’io ebbi ’l mio dottore udito Nomar le donne antiche e’ cavalieri, Pietà mi giunse (Dante); un munistero di donne assai famoso di santità (il quale io non nomerò per non diminuire in parte alcuna la fama sua) nel quale ... (Boccaccio); quindi anche, non com., invocare: Nelle paure della veglia bruna, Te noma il fanciulletto (Manzoni). 3. Con la particella pron., nomarsi, come intr., o con valore passivo (talora anche rifl.), avere nome, chiamarsi: uomini che si nomavano ‘inquisitori’ e pretendevano avere da Dio scienza e autorità (Mazzini); o ricevere il nome: quel re crudele Che da la sua superbia anco si noma [cioè Tarquinio il Superbo] (Tansillo). Con altro senso, avere fama, essere universalmente noto: quell’ombra gentil per cui si noma Pietola più che villa mantoana (Dante), Virgilio, per merito del quale Pietola (oggi Pietole), suo paese natale, è più rinomata della stessa città di Mantova (o, secondo un’altra interpretazione, più che qualsiasi altra località del territorio mantovano). ◆ Part. pass. nomato; con valore passivo, chiamato, denominato: un cotal giovinetto ... nomato Timoteo (Cesari); come agg., noto, rinomato, famoso: i primi giovani della città si esercitorono insieme con i più nomati cavalieri d’Italia (Machiavelli).