neuroimaging
s. m. o f. inv. In medicina, metodica estremamente dettagliata per la rappresentazione del sistema nervoso, e in particolare del cervello, ottenuta con tecniche di risonanza magnetica funzionale. ◆ Pur convenendo che si tratta di una «malattia enigmatica» per i suoi sintomi così eterogenei, è invece convinta che la schizofrenia sia un preciso disturbo a sé l’americana Nancy Andreasen, direttore dell’autorevole «American Journal of Psychiatry» nonché massima ricercatrice sull’argomento con le tecniche di neuroimaging, o visualizzazione del cervello. (Serena Zoli, Corriere della sera, 27 marzo 1998, p. 33, Cultura) • [Aaron] Filler [...] aveva già firmato un importante progresso nella battaglia contro il dolore pochi anni fa, perfezionando una tecnica di neuroimaging per individuare i nervi con grande precisione. (Claudia Di Giorgio, Repubblica, 9 novembre 2000, p. 27, Cronaca) • Il risultato sarebbe l’assegnazione di differenti competenze a una determinata area cerebrale e il processo avverrebbe in modo diverso in ogni individuo. Ecco perché non si ci dovrebbe aspettare di trovare substrati cerebrali «riproducibili» in persone diverse per attività come la lettura e l’aritmetica. Essenziale è dunque scoprire dove si accumulino i dati. Molte scoperte della neuropsicologia (realizzate con il «neuroimaging») gettano una luce inedita sulla capacità di acquisire «oggetti culturali» come la lettura e l’aritmetica. (Stanislas Dehaene, Stampa, 31 gennaio 2007, Tuttoscienze, p. 5).
Dall’ingl. neuroimaging.
Già attestato nella Stampa del 3 maggio 1995, Tuttoscienze, p. 2 (Massimiliano Visocchi).