mortificare
v. tr. [dal lat. tardo, eccles., mortificare, propr. «mettere a morte, far morire», comp. di mors mortis «morte» e tema affine a facĕre «fare»] (io mortìfico, tu mortìfichi, ecc.). – 1. a. ant. Ridurre un organismo, animale o vegetale, in uno stato simile alla morte; togliere il vigore vitale. b. In medicina, alterare morfologicamente e strutturalmente tessuti organici per effetto di azione traumatica. c. non com. Nell’arte culinaria, m. le carni, farle frollare. 2. Reprimere lo stimolo dei sensi e i desiderî che ne derivano mediante penitenze corporali e spirituali, soprattutto come pratica ascetica: m. la carne, il corpo, i sensi, gli istinti, l’amor proprio, e sim. Con lo stesso senso anche il rifl. mortificarsi. 3. Nell’uso com., rattristare con parole, rimproveri o atti che facciano sentire insieme confusione e vergogna; umiliare, ferire nell’amor proprio: non devi m. così quel povero ragazzo; i compagni si divertivano a mortificarlo imitando il suo difetto di pronuncia; il suo rifiuto mi ha mortificato. Nell’intr. pron., provare dispiacere e avvilimento: bisogna rimproverarlo con una certa delicatezza perché si mortifica facilmente. ◆ Part. pres. mortificante, anche come agg.: pratiche, penitenze mortificanti; un mortificante insuccesso; e come predicato: è mortificante per me dovergli chiedere scusa. ◆ Part. pass. mortificato, anche come agg. (v. la voce).