morire. Finestra di approfondimento
Tabù linguistici - Al pari di altri termini riguardanti malattie, sesso, funzioni fisiologiche, ecc., m. e morte sono considerate parole tabù nella nostra cultura. Per questo quando non siano usate in senso fig., vengono spesso sostituite da sinon. eufem., diversi a seconda degli stili e dei registri espressivi. I sinon. eufem. più frequenti di m. sono andarsene (mio nonno se n’è andato due mesi fa), lasciare (che è sempre accompagnato dal pron. pers. ci: purtroppo il nostro amato presidente ci ha lasciati), mancare (è mancato all’improvviso), venire meno (è venuto meno in seguito a una grave malattia). Com. è anche l’espressione non esserci più (o non essere più tra noi e sim.): il nostro amico non è più tra noi. Assai com., spec. nell’uso giorn., quando si parla di incidenti, è perdere la vita: nello scontro hanno perso la vita cinque persone.
Usi familiari, burocratici e letterari - D’uso più fam. sono andare all’altro mondo o sottoterra (mia nonna se n’è andata all’altro mondo all’età di novant’anni), stendere le gambe (dopo anni di sofferenza ha steso le gambe). Più formali sono invece dare (o esalare) l’ultimo respiro (la signora Fiamma pronunciò queste ultime parole come se stesse per esalare l’ultimo respiro [A. Fogazzaro]), passare a miglior vita (Sua Eccellenza Navagero era passato a miglior vita lasciando la Pisana sua erede universale [I. Nievo]), rendere l’anima a Dio (i dolori della povera vecchia si produssero ancora innanzi nell’autunno, e solo a mezzo l’ottobre ella rese l’anima a Dio [I. Nievo]), spirare (ricevette soltanto l’estrema unzione e, presente ancora il prete, spirò [L. Pirandello]), trapassare (compresi che il gran vegliardo era trapassato [G. D’Annunzio]). Sempre tra gli usi più formali si ricordano anche scomparire e spegnersi: s’è spento la notte scorsa. Estinguersi è invece usato quasi soltanto al part. pass., per lo più sostantivato: non mai, come in quell’ora, il vecchio gli aveva suscitato il pensiero del padre, la memoria del caro estinto, il rimpianto del grande amico perduto (G. D’Annunzio). Perire è d’uso per lo più burocr. e giorn. (dieci persone perirono nell’incidente), così come decedere, che è usato quasi esclusivamente al part. pass. (tutti i passeggeri sono deceduti). Anche il lett. defungere è usato pressoché sempre nella forma defunto, anche con uso sostantivato: il conte Cesare e il defunto marchese non erano stati amici mai (A. Fogazzaro); ho portato i vestiti e le scarpe del defunto (E. De Marchi). Soccombere, tra gli eufem. formali, indica in più il senso di sconfitta ed è quindi appropriato a morti in guerra o in seguito a malattia: soccombere ai colpi del nemico. Per morti in seguito a malattie si usa spesso anche essere stroncato: è stato stroncato da un brutto male nel fiore degli anni. Analoghi sono, spec. al passato prossimo, non farcela e il più fam. avere smesso di soffrire: suo padre è stato a letto malato per due anni, poi finalmente ha smesso di soffrire. Volare (o andare o salire) in cielo (o in Paradiso) hanno talora un sapore quasi infantile: la mamma è salita in cielo.
Usi spregiativi - Talvolta i sinon. di m. indicano un uso spreg., quasi sempre nel registro fam. o popolare. Crepare è il termine più marcato in senso negativo, e può anche essere usato come imprecazione: crepa! Analogo, ma d’uso pop., è schiattare: crepa, schiatta, ci ho gusto (C. Goldoni). Non come imprecazioni, ma comunque usati soprattutto per persone che non suscitano simpatia né pietà, sono com. anche lasciarci (o rimetterci) la pelle (o le penne) e tirare le cuoia: il nostro mestiere è di lasciare la pelle laggiù, in bocca ai pescecani (G. Verga); aveva e avrebbe sempre detto di no, fino al momento di tirar le cuoia (F. De Roberto).
Morte e morto - Numerosissimi sono gli usi eufem. o spreg. anche per morte e morto. Per quanto riguarda il primo termine, decesso è d’uso per lo più scient. o burocr.: è di·cile stabilire l’ora del decesso. Perdita e scomparsa sono d’uso assai com., mentre dipartita è più antiquato e ricercato: in seguito alla dipartita dell’ingegnere, suo figlio ha preso le redini dell’azienda. Trapasso è lett.: non m’accorsi del trapasso di mia madre (L. Pirandello). La persona morta viene designata in vario modo. Ai già visti usi participiali (deceduto, defunto, estinto) si aggiungano scomparso, il burocr. perito, il ricercato dipartito e il formale trapassato: il murmure roco delle foglie somiglia ad un brontolio di trapassati (A. Oriani). Se si parla di incidenti, guerre, stragi e sim., vittima è l’eufem. più usato, frequentissimo nell’uso giorn.: migliaia sono state le vittime del terremoto.
Contrari - M. e morte sono contrapposti ora a vivere, vita, ora a nascere, nascita, termini che, non essendo colpiti da interdizione linguistica, sono meno ricchi di sinon. (tutti meno com. del lemma di partenza) e, per converso, più frequenti anche in accezioni metaforiche e in espressioni cristallizzate (puntualmente segnalate sotto i rispettivi lemmi). Il sinon. più com. di nascere è venire alla luce (o al mondo): vorrei sapere perché sono venuto al mondo e che cosa ci ho fatto! (F. Tozzi). Per nascita, si dispone, tra gli altri termini, di arrivo: l’arrivo del terzo figlio comportò qualche problema economico.