mondare
v. tr. [lat. tardo mŭndare, der. dell’agg. mundus «mondo, pulito»] (io móndo, ecc.). – 1. a. Togliere la buccia, l’involucro, a frutti e sim.: m. le castagne, le mandorle, i pinoli; m. le pere, i fichi, le patate (in questi ultimi casi, fuori di Toscana è molto meno com. di sbucciare; e solo tosc. è l’uso estens. m. le uova sode). Con sign. più ampio, ripulire da ciò che è inutilizzabile o dannoso; in partic., m. il riso, estirpare dalle risaie le erbe infestanti; m. una pianta, asportarne i polloni inutili; m. le olive, liberarle da impurità (cfr. mondatoio); m. il grano, col vaglio; m. la seta, eliminare dalle falde di fiocco le imperfezioni e i corpi estranei (v. monda). b. Anticam. fu usato con sign. più generico, come sinon. di pulire, nettare (luoghi, ambienti, recipienti e sim.). c. Nella Toscana nord-occidentale, il verbo è usato anche intransitivamente, riferito alle castagne: le castagne domestiche mondano meglio, si sbucciano cioè con più facilità; Son mondinelle ... Mondano bene. Esce da sé pulita La carne, il buono, dalle vesti sciolte (Pascoli). 2. fig. Purificare, rendere mondo, in senso spirituale: m. l’anima dal peccato; anche come rifl.: o creatura che ti mondi Per tornar bella a colui che ti fece (Dante). Con sign. affini, nel linguaggio letter., L’argentea pioggia Che monda (D’Annunzio), che lava e purifica; m. dalla lebbra, espressione conservatasi nell’uso per reminiscenza biblica (ricorre frequente nel Vangelo), giacché presso gli Ebrei la lebbra costituiva impurità: mentre che ’l corpo si mondava di fuori dalla lepra per lo lavamento dell’acqua, l’anima si mondava dentro per la contrizione e per le lagrime dal peccato (Fior. di s. Franc.). ◆ Part. pass. mondato, anche come agg.; in erboristeria, è sinon. di mondo1 (nel sign. 1 b).