molto
mólto agg., pron. e avv. [lat. mŭltus agg., mŭltum avv.]. – 1. agg. Indica in genere quantità o numero notevole, e si contrappone direttamente a poco. Quindi, unito a un sost. sing., che è in grande quantità, che forma gran quantità: è avanzato m. pane; abbiamo raccolto m. grano; è caduta m. neve; m. fumo e poco arrosto, frase proverbiale (v. arrosto). Con sost. plur., in gran numero, numerosi: m. persone; m. insetti; m. difficoltà; ha guadagnato m. soldi; ha m. difetti; te l’ho detto m. volte; per m. anni!, augurio di vita lunga e felice; analogam. con alcuni nomi collettivi: c’era m. gente; non c’è m. pubblico. Talora allude piuttosto all’intensità, alla forza: tirava m. vento; qui fa m. caldo; lo ha curato con m. amore; occorre far m. attenzione; gli voglio m. bene. Spesso ha senso affine a grande, con cui si può sostituire: procedeva con m. fretta; ha m. volontà; uomo di m. ingegno; gli fu di m. aiuto; ne ho avuto m. piacere, casa arredata con m. gusto; ci vuole m. pazienza; oppure a lungo (con valore spaziale o, più spesso, temporale): da m. distanza; per m. tempo; così con verbi sostantivati: dopo m. cercare, affannarsi, aspettare, indugiare, gridare. Con senso più partic.: già m. notte andata n’era (Boccaccio), gran parte della notte. In funzione di predicato: il guadagno non è m., ma mi accontento; Questa gente che preme a noi è molta (Dante); molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti, frase evangelica (Matteo 20, 16; 22, 14); talvolta con sign. affine a troppo, troppi (ma più attenuato): dieci euro al metro mi pare che siano molti; trent’anni (d’età) sono molti per chi deve ancora cominciare. 2. pron. a. Nel plur. masch., dove equivale in genere a molti uomini, molte persone: m. credono che sia facile; m. vorrebbero essere al suo posto; furono m. a opporsi; siamo in molti a volerlo; m. altri o altri m. (si intende oltre a quelli noti o già nominati): I0 dico d’Aristotile e di Plato E di molt’altri (Dante). Più specificamente con un compl. partitivo: molti di noi, molti di loro, molti fra i presenti; e così quand’è usato il femm., che allude di solito a persone determinate: sono molte a volerlo; molte di noi. b. Nel sing. con valore neutro, in alcune locuz. e frasi dove è sottinteso un sostantivo, per lo più tempo, spazio, denaro e sim.: è m. che non ho sue notizie; non mi tratterrò m.; è da m. che sei qui?; or non è m. (poco tempo fa); non andò m., o né m. andò che ... (non passò molto tempo che ...); da Firenze a Prato non c’è m.; c’è m. da qui alla piazza?; fig., ci corre m., o m. ci corre, dall’uno all’altro (propr., spazio, distanza, e quindi: c’è grande differenza); ho speso m.; l’hai pagato m.?, non possiede m.; con altri sost. sottintesi: mangia m. (cibo), beve m. (vino o altri alcolici); non ci vuol m. a capire (sforzo, intelligenza o sim.). c. Con più esplicito valore neutro, in molte frasi in cui significa genericam. «molte cose», «quantità grande» o con altri più vaghi significati: Molto egli oprò co ’l senno e con la mano (T. Tasso); c’è m. da dire sul suo conto; non ha saputo dirmi m. sull’argomento; ti sembra m. ciò che hai fatto?; è un uomo che sa m., che legge m.; nel suo libro c’è m. di buono; per quante ricerche abbia fatto, non ho trovato molto. Usi partic.: è già m. se riuscirò a convincerlo (avrò fatto abbastanza, dovremmo dirci contenti se ..., e sim.); a dir m., ci saranno due chilometri (al massimo, tutt’al più, volendo abbondare); e con sign. analogo: a far m., ne ricaverà un centinaio di euro. Con accezioni varie la locuz. agg. da molto, di molto valore, di gran conto, di alte qualità, riferita a persona (cfr. il contrario, più usato, da poco o dappoco): tra gli uomini valorosi e da molto ... egli è per certo un de’ più (Boccaccio); anche in unione con verbi: tener da m., tenere in gran considerazione; credersi da m., avere alta stima di sé; essere da m., avere un alto grado, essere persona di valore, di prestigio: il vescovo, come uomo che era da m., si levò, e andò verso costoro (Sacchetti). 3. avv. Grandemente, in grande misura, ed è sinon. di assai, da cui spesso (ma non sempre) può essere sostituito. In unione con verbi: ho dovuto girare m. prima di trovarlo; abbiamo riso m.; mi piace m.; l’ho m. gradito; ci penso m.; è un libro m. letto, un’opera m. ammirata; e con locuz. verbali: è m. giù di salute; sei m. in collera?; sono stato m. in pena, in pensiero, in ansia. Con comparativi: m. migliore, maggiore, superiore, o m. peggiore, minore, inferiore (anche migliore di m., maggiore di m., ecc.); m. più, m. meno; m. più bello, più ricco (o m. meno bello, meno ricco); oggi sto m. meglio. Con avverbî e locuz. avv.: m. prima, m. dopo, m. avanti, m. indietro; càpiti m. a proposito; mi alzo m. di buon’ora. Premesso ad agg. qualificativi o ad avv. di modo, dà loro valore di superlativo: m. buono, m. grande, m. bello, m. brutto; sei m. strano; sono m. dolente; devi stare m. attento; il m. reverendo padre; m. bene, m. male, m. brevemente, m. volentieri. Anche con sost., quando abbiano un valore aggettivale: è m. signore; è molto mamma. Nell’uso ant. (e talvolta anche oggi nell’uso pop.), era premesso enfaticamente al superlativo per dargli maggior forza: Salvestro Brunelleschi, m. piacevolissimo uomo, diede cena a una brigata (Sacchetti). ◆ Osservazioni varie: a. Nella sua funzione di avverbio, si pospone di solito al verbo (ho dormito m.) o si pone tra l’ausiliare e il participio (mi è m. piaciuto). In tutti gli altri casi, come agg. e come avv., viene normalmente premesso (come nei varî esempî dati), ma si trova anche posposto per più efficacia: l’umana specie inferma giacque Giù per secoli molti in grande errore (Dante); Una lonza leggiera e presta molto (Dante); nell’uso com. la posizione posposta è piuttosto enfatica: è attraente m., è pignola molto. b. Con valore antifrastico in qualche frase pop.: m’importa m.!, per dire che una cosa non importa affatto; ne so m. io!, soprattutto come risposta seccata a chi ci chiede cosa che non sappiamo, o che vogliamo fingere di non sapere. c. Con la negazione, costituisce spesso una litote, equivalente a «poco», e talora anche a «pochissimo»: non sei stato m. gentile con lui; non hai m. fantasia; a dire il vero, non studia m.; sai bene che non ho m. pazienza io! d. Contrapposto a poco, nella locuz. poco o molto (o, invertendo, molto o poco), esprime indifferenza per la quantità, con senso simile a «sia quanto sia»: o poco o m., qualche cosa è stato fatto; m. o poco che sia, un certo guadagno c’è. Come energica negazione, né molto né poco (anche invertito), in nessun modo, per nulla, affatto: ben si guardasse che a niuna cosa ... rispondesse né poco né m. (Boccaccio); questo non c’entra né poco né m.; non ci tengo né m. né poco. e. Nell’uso ant. e volg., si trova talora concordato anche quando ha uso di avv.: è molta bella; sono molte noiose. f. Frequentissima nell’uso pop. tosc. la forma di molto o dimolto per il semplice molto: c’era dimolta folla; ne so dimolto! (v. dimolto). g. Oltre al superl. moltissimo, è spesso usata la ripetizione enfatica: dopo molti e molti tentativi; vicino Sorge un cipresso, già molt’anni e molti In onor de la Dea serbato e colto (Caro); mi raccomando molto molto. Con sign. affine, nel linguaggio fam.: m’è piaciuto molto, ma molto. h. Col sign. di «numeroso», si trova qualche volta usato al compar.: Quella [gente] che giva ’ntorno era più molta (Dante).