modestia
modèstia s. f. [dal lat. modestia, der. di modestus «modesto»]. – 1. a. Qualità morale, opposta alla vanità e alla presunzione, consistente nel non sentire e non mostrare vanto dei proprî meriti: si schermiva dalle lodi per una sua naturale m.; m. sincera; m. affettata, ipocrita, falsa; moralmente ti colpisce la m. di un miliardario, non la m. di un povero, perché la prima è artefatta, la seconda genuina (Aldo Busi); parlava con m. della propria opera; debbo dire, senza falsa m., che solo il mio intervento ha salvato la situazione; a parte la m., o più efficacemente m. a parte, espressione di scherzosa giustificazione con cui s’introduce il racconto di cosa che costituisca un vanto o torni a proprio onore. Ironicamente: quanta m.!, nel sentire qualcuno parlar troppo di sé; un po’ di m. non gli nuocerebbe; la m. non è certo il suo forte. b. Atteggiamento femminile ispirato a pudore e riserbo, che si manifesta negli atti, nelle parole, nella compostezza del vestire e del portamento: è una ragazza piena di m.; contegno ispirato a m.; la sua naturale m. la fece arrossire; iron.: una stabile guarnigione di soldati spagnoli che insegnavan la m. alle fanciulle e alle donne del paese (Manzoni). c. non com. Sobrietà, moderazione nel tenore di vita, nel modo di vestire, nell’arredamento della casa e sim., quando ciò dipenda da una libera scelta, e non da necessità economiche. d. Nella teologia cattolica, virtù morale connessa con la temperanza, capace di moderare atti interni ed esterni dell’uomo. 2. Aspetto dimesso, tono modesto, come indice di possibilità economiche limitate: la m. delle sue condizioni; la m. dell’appartamento; gli arredi non riuscivano a celare la m. dell’ambiente (Melania Mazzucco). Con sign. più astratto, carattere quantitativamente modesto, cioè modico, esiguo: la m. del compenso; la m. dei risultati; la m. delle sue capacità, del suo ingegno, delle sue risorse. 3. Con valore concr., lo stesso che modestina, striscia di tulle usata nell’Ottocento per coprire in parte le scollature femminili.