miserabilista
agg. Proprio di una condizione di vita miserabile. ◆ Quel che sembra oggi in mutazione è dunque qualcos’altro: sono i principi attivi del morbo che porta il nome di noia, ed è la forma collettiva, compatta, popolare, che essa assume nella benestante – o comunque non più miserabilista – Italia contemporanea. (Barbara Spinelli, Stampa, 26 giugno 2001, p. 25, Società e Cultura) • Scegliendo quaranta di quelle immagini colorate, Elisabetta Cociani (una delle autrici) e Paola Corapi hanno fatto un piccolo, semplice libro intitolato «L’emozione del grigio», distribuito nelle librerie direttamente dagli zaini dei giovani fotografi, visitandole una a una. Alla gente è piaciuto, quel piccolo libro a colori che mostrava una periferia libera dai luoghi comuni miserabilisti, dai cliché dell’abbandono e delle fabbriche dismesse. (Alessandra Cattaneo, Corriere della sera, 30 aprile 2003, p. 57, Cronaca di Milano) • Non sono poi molto lontani gli italiani di oggi da quell’Italia 1956 povera ma bella, inventata da Dino Risi: povera, bella, ma anche casta, fresca, parrocchiale, senza riferimenti che non fossero la propria giovinezza, il proprio quartiere, il proprio vicino, un futuro senza ambizioni di trionfi o lussi inattesi, modesto come il loro presente. Forse se l’era inventato il regista quarantenne, quell’angolo di Roma e la sua piccola storia che trascinava finalmente il neorealismo miserabilista nel rosa più rosa che il pubblico soprattutto femminile attendeva. (Natalia Aspesi, Repubblica, 8 giugno 2008, p. 1, Prima pagina).
Derivato dall’agg. miserabile con l’aggiunta del suffisso -ista.
Già attestato nella Repubblica del 31 marzo 1988, p. 34, Spettacoli (Tullio Kezich).