mirare
v. tr. e intr. [lat. mīrari «meravigliarsi, ammirare» e nel lat. tardo «guardare»]. – 1. tr. a. Guardare con attenzione, con intensità, e per lo più con un particolare sentimento (ammirazione, amore, desiderio, stupore, ecc.); con questo sign. oggi è sentito come letter.: m. un quadro, una statua, il paesaggio, l’ampio panorama; più com. il rifl., mirarsi allo specchio, con senso di compiacimento e di civetteria. Frequente nell’uso poet. (dove il particolare sentimento che accompagna lo sguardo o che invita a guardare è in genere evidente dal contesto): Mostrasi sì piacente a chi la mira, Che dà per li occhi una dolcezza al core (Dante); errava muto Ove Arno è più deserto, i campi e il cielo Desïoso mirando (Foscolo); non so quanti di coloro lo stessero mirando con una cotal guardatura amorevole, come è quella che fa il gatto al topo (Leopardi). Talora per il semplice «guardare», come per es. nella locuz. mirarsi intorno, guardare intorno a sé, con stupore o circospezione: qual è quel che cade, e non sa como ... Quando si leva, che ’ntorno si mira Tutto smarrito (Dante); e nella forma esclamativa mira!, guarda!, in uso ancor oggi a Siena e, accorciata popolarmente in mi’ (di solito per esprimere stupore), nella zona dell’Aretino. Anticam. anche nel senso di «vedere»: ha li belli occhi e non pote mirare (Iacopone). b. fig., letter. Considerare attentamente con l’intelletto, volgere la mente a qualche cosa: Signor’, mirate come ’l tempo vola (Petrarca); e se pur mira Dopo l’esequie, errar vede il suo spirto (Foscolo). 2. intr. (aus. avere), letter. ant. Restare ammirato, o meravigliarsi, stupire: non mirate per lo scandolo che sia venuto in questa città (s. Caterina da Siena). 3. intr. (aus. avere) a. Nel puntamento di un’arma, fissare l’occhio al bersaglio, disponendo l’arma in modo che la sua linea di mira coincida col bersaglio, nel tiro a puntamento diretto, oppure col falsoscopo, in quello a puntamento indiretto: m. a lungo, attentamente; m. bene, male, giusto, più alto, più basso; m. alla lepre, a un fagiano; m. alla testa, al petto, al cuore, alle gambe; in queste ultime frasi, anche col sign. più generico di puntare l’arma o cercare di colpire (ha per lo più quest’ultimo senso quando si tratti di armi non da fuoco, o di proiettili a mano); e così m. nel segno, spesso fig., cercare di colpire con un’osservazione, con un’allusione velata, con una malignità e sim. Talora usato transitivamente, spec. nell’espressione m. il bersaglio. b. fig. Tendere l’animo verso una meta da raggiungere, dirigere la propria azione a uno scopo: m. a un nobile fine; non mira ad altro che al guadagno; m. a un fine indegno, disonesto; m. alla conquista del potere; m. in alto, avere mire ambiziose; anche di intenzioni occulte: non capisco a che cosa miri con tutto questo maneggio. Talvolta col senso più generico di «tendere, avere per scopo»: le mie domande miravano solo a stabilire la verità. ◆ Col primo sign., o con quello più generico di «guardare», il verbo entra nella composizione di alcuni nomi di località o più spesso di alberghi situati in posizione panoramica, quali per es. Miramare, Miramonti, Miralago, ecc.