ministro
s. m. [dal lat. minister -stri «servitore, aiutante», der. di minor agg., minus avv. «minore, meno», secondo il modello di magister «maestro» sentito in rapporto con magis «più»]. – In genere, chi è al servizio di una persona, di un’autorità, di un’amministrazione, con funzioni esecutive di assistenza, di collaborazione o anche con mansioni più propriamente servili. Nell’antica Roma, furono così chiamati i littori e subalterni degli imperatori, e gli impiegati della casa imperiale: generalmente di condizione servile, esercitavano svariate incombenze alle dipendenze dei capi della cancelleria e dell’amministrazione imperiale. Con lo stesso nome si designarono anche gli inservienti di un tempio o dei riti, spec. di quelli sacrificali. Nella lingua ital. la parola conserva in parte i sign. originarî, e più spesso li sviluppa con accezioni proprie. 1. a. Chi esercita un alto ufficio, agendo in nome e per conto di un’autorità superiore: i m. del re (solo nel linguaggio letter. e in senso storico: gli alti dignitarî e ufficiali di corte che assistevano il sovrano nelle sue funzioni e soprintendevano all’esecuzione dei suoi ordini); m. di Dio, il sacerdote; la Chiesa, di cui io sono indegno m., detto per umiltà dai sacerdoti e prelati. Ministri di Dio sono talvolta detti anche gli angeli, in quanto esecutori della volontà divina. Fig., Lo m. maggior de la natura (Dante), il Sole. b. Con senso più generico, chi è alle dipendenze di qualcuno come esecutore e strumento dei suoi ordini: il Nibbio, uno de’ più destri e arditi m. delle sue enormità (Manzoni). Nell’uso poet., con riferimento a cosa: Ma tu mi resti, o brando: all’ultim’uopo, Fido m., or vieni (Alfieri). c. In funzione predicativa, e con senso fig., nell’espressione ormai letter. essere, farsi ministro di qualche cosa, compiere opera attiva per la sua diffusione o instaurazione: farsi ministro di pace, di giustizia; in questo sign. è usato frequentemente anche il femm.: Roma fu ministra di pace nel mondo; arte che si fa ministra di corruzione. d. Chi è addetto al servizio e all’assistenza di altri: ministri degli infermi (detti anche camillini o camilliani), ordine di chierici regolari fondato da san Camillo de Lellis verso la fine del 1500, per assistere i malati. e. Nella celebrazione liturgica, la persona addetta a un ufficio che le è proprio per l’ordine sacro ricevuto, come il diacono, oppure è richiesto dalla natura stessa della celebrazione, come i ministranti (che servono all’altare), il lettore, il commentatore, il salmista, il cantore. Nella messa «senza popolo», la persona che compie le parti del popolo, rispondendo al sacerdote durante la celebrazione. Con sign. particolare, m. assistenti alle sacre funzioni (o ministri della cappella pontificia, o più propriam. m. sacri alle messe della cappella pontificia), il monsignor sacrista di Sua Santità e altri tre canonici delle basiliche patriarcali di S. Giovanni in Laterano, S. Pietro, S. Maria Maggiore. 2. Chi amministra, nei varî sign. di questo verbo; in partic., chi cura l’amministrazione di un patrimonio fondiario (così, per es., in alcune regioni, m. di campagna, colui che più comunem. è chiamato fattore, ma con funzioni anche più ampie). In partic.: a. Ministri della giustizia, nel linguaggio letter., i magistrati; con altro senso, ministro della giustizia (cioè esecutore, strumento) è detto talvolta per eufemismo il boia. b. Ministri del culto, designazione generica, soprattutto nel linguaggio giur., degli ecclesiastici della Chiesa cattolica o degli addetti all’amministrazione dei culti acattolici, cioè pastori, rabbini e sim. c. Ministro dei sacramenti, nella Chiesa cattolica, chi, nell’amministrazione dei sacramenti, compie il segno sacramentale, cioè quel segno sensibile che in virtù dell’istituzione di Gesù Cristo produce la grazia sacramentale (generalm. è un sacerdote, per la cresima è il vescovo, per il matrimonio sono gli sposi stessi, e per il battesimo può essere, in caso di necessità, un laico, anche di sesso femminile). d. Ministro della Real Casa, in Italia, durante la monarchia, titolo del dignitario di corte incaricato dell’amministrazione dei beni della Corona. 3. Chi ha il governo, la direzione di una comunità: in partic., titolo dei superiori in alcuni grandi ordini religiosi: m. provinciale e m. generale dei francescani. Padre m., in alcune comunità religiose, il superiore che cura l’amministrazione e ha la diretta vigilanza della disciplina. 4. Ciascuno dei capi delle grandi branche dell’amministrazione statale (la cui esatta denominazione sarebbe m. segretario di stato), nominati dal capo dello stato su proposta del presidente del Consiglio, che sono insieme organi costituzionali, in quanto concorrono a formare il governo, e amministrativi, in quanto preposti alla direzione dei ministeri: la nomina dei m.; il giuramento dei nuovi m., di fronte al capo dello stato; m. degli Esteri, m. dell’Interno, m. della Pubblica Istruzione, m. della Giustizia (detto anche guardasigilli), del Tesoro, ecc.; m. senza portafoglio, componente del governo che, pur non essendo preposto a un ministero, ha ugualmente il rango e le funzioni politiche proprie di un ministro; m. di stato, carica del tutto onorifica, di solito conferita a persone con particolari benemerenze nel campo della politica e dell’amministrazione; m. ad interim, v. interim. In quanto designazione di carica, è usato ufficialmente il masch. ministro anche se riferito a donna (ma v. anche ministra, nel sign. 1). 5. In diplomazia: a. M. pubblico, titolo che gli internazionalisti classici usavano per indicare gli agenti diplomatici in generale, a qualsiasi classe appartenessero, fossero investiti di missioni permanenti ovvero speciali, fossero agenti di affari politici o di cerimonie. b. M. consigliere, titolo del consigliere di un’ambasciata istituita in una sede politica di speciale importanza (per l’Italia: Parigi, Londra, Washington). c. M. residente, categoria, attualmente scomparsa, di agenti diplomatici che, in origine, erano i soli a essere investiti di missioni comportanti la residenza permanente nello stato estero presso il quale erano accreditati, a differenza degli altri agenti diplomatici la cui missione si esauriva in un determinato periodo di tempo. d. M. plenipotenziario, agente diplomatico compreso nella seconda classe dei rappresentanti diplomatici (dopo gli ambasciatori), che presiede a un ufficio diplomatico permanente (legazione) con la stessa funzione giuridico-internazionale di ogni altra rappresentanza diplomatica, ma con rango inferiore a quello di ambasciata.