messa1
méssa1 s. f. [lat. tardo, eccles., mĭssa (propr., part. pass. femm. di mittĕre «mandare, inviare»), tratto dalla formula di congedo ite, missa est (v.)]. – 1. a. Il più importante rito liturgico della Chiesa cristiana cattolica e ortodossa, celebrato dal sacerdote alla presenza e con la partecipazione della comunità dei fedeli o anche senza questa partecipazione (secondo che si tratti della m. con il popolo o della m. senza il popolo), nel quale, mediante i segni sacramentali dell’offerta a Dio del corpo e del sangue di Gesù Cristo sotto le specie del pane e del vino, si rinnova e contemporaneamente si commemora il sacrificio della croce, costituendo ciò che viene definito unitariamente il «mistero eucaristico». La struttura della messa (diversa nei differenti riti: latino o romano, greco, armeno, ecc.) comprende, nel suo rituale svolgimento secondo il messale romano, due parti, denominate, dopo il concilio Vaticano II, liturgia della parola e liturgia eucaristica (corrispondenti, ma solo approssimativamente, alle due parti dell’antica divisione in m. dei catecumeni e m. dei fedeli, che si riferivano alla presenza delle persone ammesse alla celebrazione), congiunte però fra loro così strettamente da costituire un unico atto di culto, che è la celebrazione dell’Eucaristia. Preceduta dai riti d’introduzione (canto d’ingresso, saluto del celebrante, atto penitenziale, e, limitatamente alle domeniche e festività, il Gloria), la liturgia della parola comprende essenzialmente la lettura di passi delle Sacre Scritture (che il lettore fa dall’ambone) e del Vangelo (fatta dal sacerdote), cui seguono (limitatamente ai giorni festivi) l’omelia e la professione di fede o Credo. La liturgia eucaristica è costituita da varî momenti: preparazione e offerta dei doni, preghiera eucaristica, che consta di più parti e durante la quale il pane e il vino diventano corpo e sangue di Cristo, riti di comunione; la messa si conclude quindi con la benedizione del sacerdote ai fedeli e il congedo. Alle due forme tipiche della messa, con il popolo e senza il popolo (la prima, se celebrata la domenica, è detta m. parrocchiale), si aggiunge quella della m. concelebrata, celebrata cioè da più sacerdoti allo stesso altare (v. concelebrazione; non è più in uso invece la m. in terzo, per la quale v. terzo, n. 3 c, e la m. solenne, come veniva chiamata la messa in terzo quand’era celebrata con maggiore solennità, cui contribuivano soprattutto le parti cantate e la predica); carattere particolare ha inoltre la m. dei defunti o m. funebre (pop. m. da morto), o anche m. di requiem (soprattutto se cantata e come composizione musicale), che, con liturgia propria e con paramenti di lutto (neri in passato, oggi viola, compatibilmente però con il calendario liturgico), viene celebrata in suffragio di defunti nel giorno delle esequie o anche in successive ricorrenze (ottava, trigesimo, anniversario del decesso). b. Fraseologia: la santa m., il rito, il sacrificio della m.; m. piana o bassa (che non ha cioè parti cantate), m. cantata; m. vespertina, quella celebrata nel tardo pomeriggio o alla sera (soprattutto nei giorni prefestivi, valevole per il giorno dopo, e nei giorni festivi); m. di mezzanotte, quella celebrata nella notte che precede la festività di Natale o di Pasqua; m. al campo, celebrata su un altare all’aperto, soprattutto per le truppe; andare a m. o alla m. (anche per significare la frequenza abituale della chiesa e l’osservanza delle pratiche religiose: va a m. tutti i giorni, tutte le domeniche, o al contr. non va mai a messa); assistere, partecipare alla m.; sentire, ascoltar m. o la m. (udire la m. tutte le domeniche e le altre feste comandate, formulazione del primo dei cinque precetti della Chiesa); libro, libretto da m., il messalino usato dai fedeli per seguire la funzione; suonare la m., o suonare a m., darne l’annuncio con la campana (con costruzione intr.: è suonata ora la m.); pararsi a m., del sacerdote che indossa le vesti liturgiche prescritte per la celebrazione; dire o celebrare la m., riferito al sacerdote (con altro sign., dire messa, avere la potestà di celebrarla: dice già m.; ha detto m. da pochi mesi; non ha ancora detto m., di chierico che non ha avuto ancora l’ordinazione sacerdotale); m. novella, e più propriam. prima m., la prima celebrata da un sacerdote dopo la sua ordinazione; servir m., servire la m., o anche risponder m., del chierico o del ministrante; la m. entra, esce, con riferimento al sacerdote che s’accosta all’altare o se ne allontana dopo la celebrazione; la m. è all’Introito, all’Epistola, al Vangelo, all’Offertorio, all’Elevazione (per indicare le varie fasi del rito, soprattutto in riferimento alla vecchia liturgia); del sacerdote, applicare la m. a qualcuno (vivo o defunto), celebrarla a vantaggio o a suffragio della sua anima; analogam., far dire una m. per un defunto, farla applicare a suffragio dell’anima sua; togliere la m. a un prete (o sospenderlo dalla m.), togliergli la facoltà di celebrarla, sospenderlo «a divinis». Parigi val bene una m., frase che la tradizione attribuisce a Enrico IV di Francia quando (1593) abiurò il calvinismo e abbracciò il cattolicesimo per appianarsi la via al regno (si suole ripetere, in tono per lo più scherz., per giustificare una rinuncia o una transazione con la propria coscienza considerata opportuna per il raggiungimento di uno scopo). 2. Composizione musicale che comprende le parti cantate della messa, insieme con altre parti mobili (in questo sign. si scrive di regola con iniziale maiuscola): comporre, eseguire una M.; M. per coro e organo, per coro e orchestra; M. a quattro voci; la «M. degli angeli»; M. di requiem; la «M. solenne» di Beethoven; M. dei giovani, messa con canti in musica ritmica e con accompagnamento di chitarra, pianola, tromba, batteria, ecc. 3. Messa nera: nella letteratura demonologica, nei trattati contro le streghe e nel folclore, rito di omaggio al diavolo consistente in una parodia della messa e caratterizzato da atti sacrileghi e osceni, la cui celebrazione era attribuita a persone accusate di stregoneria e talora anche, nella polemica teologica, a gruppi ereticali o eterodossi. Per estens., l’espressione è usata anche per indicare l’orgia nel sign. che il termine ha in storia delle religioni e nel folclore. 4. Messa del diavolo: a. Lo stesso che m. nera. b. Nella credenza popolare, messa che si celebra dopo aver commesso per quaranta giorni un peccato mortale al giorno, e per mezzo della quale si diventa stregone o strega.