mescere
méscere v. tr. [lat. miscēre «mescolare», con mutamento di coniugazione; il sign. oggi più comune viene dall’uso dei Romani di mescolare il vino con acqua prima di berlo per renderlo meno denso] (io mésco, tu mésci, ecc.; part. pass. mesciuto). – 1. letter. Mescolare, unire più cose insieme: Mesce il mago fellon zolfo e bitume (T. Tasso); splende il concento Che di tanti color mesce [in altra redazione, tesse] e d’odori (Foscolo); anche intr. pron.: Ne’ guardi, ne’ volti confuso ed incerto Si mesce e discorda lo spregio sofferto Col misero orgoglio d’un tempo che fu (Manzoni). Raro e ant. il latinismo m. battaglia, m. combattimento e sim., cioè attaccare, iniziare (con allusione alla mischia che ne segue): E si mesce aspra e sanguinosa guerra (Ariosto). 2. Versare da bere: m. il vino, il caffè, la cioccolata, il liquore. Usato assol., s’intende di solito il vino: m. abbondantemente; mescimi ancora mezzo bicchiere; anche, m. da bere. In senso fig., con riferimento alla sete di conoscere: perché t’ausi A dir la sete, sì che l’uom ti mesca (Dante). Estens., poet., versare in genere: dal tuo ponte all’onda impaurita Il papale furore e il ghibellino Mescean gran sangue (Foscolo).