mente
ménte s. f. [lat. mens mĕntis, affine al lat. meminisse e al gr. μιμνήσκω «ricordare»]. – 1. Il complesso delle facoltà umane che più specificamente si riferiscono al pensiero, e in partic. quelle intellettive, percettive, mnemoniche, intuitive, volitive, nella integrazione dinamica che si attua nell’uomo. In senso generico: nella vita nostra non si dà vòto, se non quando la m. per qualsivoglia causa intermette l’uso del pensiero (Leopardi); affaticare, stancare la m.; riposare la m.; le fatiche, gli svaghi della m.; a m. riposata, a m. fresca, quando la mente, dopo il riposo, è chiara e possiede interamente le proprie forze: ci penserò domattina a m. fresca (con altro senso, m. fresca, di persona anziana che ancora conserva la giovanile freschezza intellettuale); a m. lucida, calma, serena, quando la mente non è stanca o preoccupata, e soprattutto quando si è liberata da qualsiasi passione, sentimento, apprensione, ecc., che le recava turbamento. Sempre con sign. generico, si contrappone spesso, esplicitamente o tacitamente, al corpo o al fisico da un lato, e al cuore dall’altro (inteso questo come sede degli affetti): nel suo corpo infermo la m. conservava intatte le sue forze; l’educazione della m. e l’educazione fisica; m. sana in corpo sano, aforisma più frequente nella forma latina (v. mens sana in corpore sano); il pane della m., la scienza; avere grandi doti di m. e di cuore; uomo di gran m. e poco cuore; cerca di ragionare con la m. e non col cuore; non sempre il cuore dà retta alla mente. Per antonomasia, la m. eterna, la m. suprema, la m. infinita, Dio; e con lo stesso sign.: la m. ch’è da sé perfetta (Dante); fig., è nella m. di Dio, di cosa che è di là da venire e sulla quale perciò non si possono fare previsioni: il futuro è nella m. di Dio; con altro senso, era ancora nella m. di Dio, non era ancora nato, concepito, o non era ancora avvenuto (la frase è molto com. anche nella forma latina: v. in mente dei). Nel linguaggio filos., la parola è stata usata anche con accezioni più partic., per indicare a volte l’anima razionale, a volte la sua parte e attività più elevata, al di là dell’intelletto; e anche l’attività pensante sé stessa, cioè lo spirito assoluto: in questo senso B. Spaventa parla di metafisica della m. (in contrapp. a ontismo), concezione della realtà come processo di pensiero, sintesi di soggettività e oggettività. In partic., problema mente-corpo, denominazione corrente (di origine anglosassone, mind-body problem) con cui ci si riferisce al complesso dei problemi sollevati dalla tradizionale distinzione (dualismo) tra la mente (intesa come insieme di percezioni e stati di coscienza) e il corpo (inteso come insieme di stati fisici interamente spiegabili con le leggi della fisica e della biologia): tale problema continua a rivestire rilevanza filosofica, dal momento che la scienza non è ancora in grado di comprendere, nella sua complessità e interezza, il funzionamento del cervello. 2. Spesso il termine è riferito a determinate caratteristiche o a determinati atteggiamenti delle funzioni intellettive, assumendo quindi sign. più ristretti anche se non sempre ben definiti. In partic.: a. Attitudine, disposizione mentale: m. calcolatrice, meditativa, speculativa, filosofica, inventiva, organizzatrice; m. quadra o quadrata; m. bizzarra, balzana, fantastica, stramba; m. gretta, meschina, volgare; nella sua m. bislacca la pensa così; non ha la m. adatta a questo genere di studî. b. Facoltà intellettiva, intelligenza, capacità mentale: m. aperta, lucida, acuta, geniale, agile, pronta, sottile, vivace, profonda, potente, illuminata, fervida; m. piccola, chiusa, sterile, torpida, limitata, ottusa, angusta, ristretta; la sua m. non può intendere queste cose; ha una m. che non arriva a tanto; avere una gran m., una bella m.; l’acume, la potenza della m.; angustia, ristrettezza di m., incapacità di abbracciare con l’intelletto più cose e di vederle nei loro reciproci rapporti; misteri che la m. umana non può penetrare; acuire, affinare, aguzzare, illuminare la m.; aprire le m., farle partecipi di una verità o renderle atte a riceverla (più genericam., anche con soggetto di cosa, far intendere con chiarezza, per una sorta d’illuminazione, ciò che prima era oscuro: le tue parole m’hanno finalmente aperto la mente). Rivelarsi (poet. aprirsi) alla m., di verità o di fatti che improvvisamente, quasi per ispirazione dall’alto, si manifestino alla conoscenza: E tutto Olimpo gli s’aprì alla m. (Foscolo). c. Talora il termine si riferisce più direttamente all’attività o alle facoltà psichiche, alla coscienza di sé e dei proprî atti: malattia di m., locuz. generica e di uso non strettamente tecnico (così come anche il più com. malato di mente) che non esprime, in psicologia medica, un concetto particolarmente definito, e a cui è preferita, oggi, l’espressione malattia mentale (v. mentale1); stato, condizione di m.; debolezza di m.; colpire, turbare, alterare, sconvolgere la m.; aveva la m. sconvolta dal dolore; questi sospetti sono frutto della sua m. malata; uscire di m. (meno com. perdere la m.), perdere la ragione, uscire di senno; essere fuori di m., non com., aver perso la conoscenza, e, per estens., essere distratto, avere la testa tra le nuvole; Al tornar de la m., che si chiuse Dinanzi a la pietà d’i due cognati (Dante). Oppure si riferisce alle disposizioni morali: infondere nella m. dei giovani sani principî; dirittura di m.; m. retta, nobile, alta, elevata, severa, libera, semplice, leggera, volubile, incostante; o allo spirito e alle sue facoltà: Arde, si turba e rasserena in questi Pensieri della m. inebriata (Giusti); parlare con m. ispirata; avere la m. rapita nella contemplazione; estasi della m.; i conflitti della mente; o infine alla fantasia, all’attività fantastica: esaltare le m. dei giovani; Le nate a vaneggiar m. mortali (Foscolo). Più raram. si riferisce all’animo, come sede degli affetti: avere la m. ben disposta; levarsi dalla m. una persona (a cui si vuol bene ma da cui non si sia corrisposti o che non sia più ritenuta meritevole del nostro amore), non pensarci più, strapparla quasi dal proprio animo e dalla memoria (cfr. l’espressione fam., e di sign. più ampio, levarsi dalla testa una persona, una cosa, un’idea, una voglia); Ahi quanto ne la m. mi commossi, Quando mi volsi per veder Beatrice (Dante); per soverchio fuoco nella m. concetto [= concepito] (Boccaccio); poi che intepidì la m. irata Nel sangue del nemico e in sé rinvenne (T. Tasso). d. In senso più concr., il complesso delle cognizioni, delle idee di una persona, in quanto contribuiscano o abbiano contribuito alla sua cultura, all’atteggiamento del suo pensiero, alle sue disposizioni morali, alla formazione del suo carattere: coltivare, arricchire, educare, istruire, allargare, ordinare la m.; m. formata, matura; m. nutrita di buoni studî; m. inesperta, ignara, rozza, grossolana. e. Per metonimia, la persona stessa, dotata di quella particolare attitudine o capacità mentale che è indicata dall’aggettivo: è una bella m., una persona di grande ingegno; una grande, una nobile m., una m. superiore; è una m. aperta al vero e al bello; è una m. esaltata, una m. bislacca, una m. meschina; le piccole m. non possono capire la grandezza di questi episodî. In partic., m. direttiva, chi è preposto all’organizzazione e direzione di una qualsiasi attività, costituendone una guida esperta e un efficace elemento di coordinazione: è lui la m. direttiva della nostra azienda. Con lo stesso sign. anche usato assol., essere la m. di un’impresa, di un piano, di un’organizzazione e sim.; talvolta contrapp. a braccio, nell’espressione il braccio e la m., per indicare con braccio l’esecutore materiale e con mente l’ideatore di una qualsiasi impresa. 3. a. È assai com. l’uso della parola per indicare, in modo più o meno concr., la sede e l’attività del pensiero: le idee, i pensieri, i concetti della m.; mi si affollavano nella m. mille idee; tormentarsi, lambiccarsi la m., per scoprire, per venire a capo di qualche cosa. Frequente la locuz. venire in mente, di idee che si affacciano improvvise: guarda un po’ quel che gli viene in m.!; non sa tacere e dice tutto ciò che gli viene in m.; dissi il primo nome che mi venne in m. (o che mi capitò alla m.); non t’è venuto in m. che potevo essere stato io?; ho cercato dappertutto la lettera, e non m’è venuto in m. di guardare nella cartella, dove l’avevo messa; anche nel senso di ideare, immaginarsi: a nessuno sarebbe venuto in m. un piano così semplice; con sign. analogo, saltare in m., passare per la m., frullare per la m., balenare alla m.: ma che cosa ti salta in m. adesso?; vuoi dirmi i pensieri che ti frullano per la m.?; un brutto sospetto gli balenò alla m.; a nessuno de’ quali passò per la m. che quelle parole fossero dette davvero (Manzoni). Con riferimento alla funzione mentale di ordinare e organizzare le idee: intorbidare, offuscare la m.; abbuiarsi, offuscarsi, ottundersi della m.; avere la m. in tumulto; avere la m. confusa, le idee poco chiare; confondere le m. (di una moltitudine, di un gruppo di persone), con idee false, dottrine erronee, ecc. b. In altri casi, indica il pensiero, l’attenzione rivolti verso un determinato oggetto: applicare la m. a uno studio (anche assol.: sono stanco e non riesco ad applicare la m.); concentrare la m. nella meditazione; rivolgere, non com. drizzare, la m. a qualche cosa; levare, innalzare la m. a Dio; avere la m. (o essere con la m.) fissa su un problema; essere con la m. altrove, essere distratto, assente, non prestare attenzione a ciò che si fa o si dice intorno. Porre m. a qualche cosa, fermarsi a considerarla col pensiero: E se ’l mondo là giù ponesse mente Al fondamento che natura pone (Dante); tu mostri non aver posto m. che la vita di quest’universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione (Leopardi); anche, posare attentamente lo sguardo su qualcosa, osservare con attenzione: mi ponete m. se io ho segno alcuno per tutta la persona di battitura (Boccaccio). Avere m. a una cosa, pensarci, prendersene cura, provvedervi: debbo avere sempre la m. a mille cose. Non com., dare m. a una cosa, badarci, prestare attenzione: non devi dar m. a tutto ciò che si va dicendo; non volli dar m. a quelle chiacchiere. Letter., aprire la m. (propria), disporsi ad ascoltare con attenzione: Apri la m. a quel ch’io ti paleso (Dante). Con sign. particolare l’espressione fare m. locale, raccogliere, concentrare tutti i proprî pensieri e associazioni d’idee su un determinato argomento, allo scopo di intenderne o richiamarne alla memoria l’essenza, la vera natura, o sim. c. Spesso equivale genericam. a volontà, proposito, intenzione: avevo in m. di rivolgermi a un avvocato; che cos’hai in m. di fare questa sera?; mettersi, ficcarsi in m. una cosa, o di fare una cosa, incaponirsi a volerla fare, ostinarsi nel proposito: queste idee, questi capricci sarà meglio che te li levi dalla mente. Come vero e proprio sinon. di intenzione, è solo dell’uso letter.: interpretare la legge secondo la m. del legislatore; manifestare la propria m.; lasciò scritto nel testamento quella che era la sua m.; mutare m.; credo che sia questa la sua m.; cercare di scoprire la m. di qualcuno; è difficile conoscere la sua m.; io scesi Fra i Troiani e gli Achei con questa m. (V. Monti). Frequente nel linguaggio burocr. la locuz. a mente di tale articolo di legge, per «secondo, giusta, in conformità al, secondo quanto è disposto dal» (si può considerare una formula ellittica per: «secondo la mente, cioè l’intenzione, del legislatore espressa dall’articolo ...»). 4. La parola è usata molto spesso con allusione alla sola capacità mnemonica, come sinon. quindi di memoria, a cui in molte frasi si sostituisce, spec. nel linguaggio parlato: tenere a m., ritenere in m., serbare nella memoria, ricordare: tieni bene a m. ciò che ti dico; non riesco a ritenere in m. tutte queste regole; richiamare, rievocare (letter. recare, ridurre) alla m., ricordare o far ricordare: fermare nella m.; tornare a m., in m., alla m.: Tornami a m. il dì che la battaglia D’amor sentii la prima volta (Leopardi); scappare, fuggire, uscire di mente, di cosa che si è dimenticata, di cui non ci si è ricordati; lo voglio far subito, prima che mi esca di m.; mi si affollavano alla m. mille ricordi; O m. che scrivesti ciò ch’io vidi (Dante), che fissasti in te. Comune anche la locuz. a mente, con lo stesso senso che a memoria: studiare, imparare, dire, ridire, ripetere, recitare, sapere a m.; suonare a m., eseguire un disegno a m. (qui però è più com. a memoria). Con riferimento alla memoria affettiva: essere vivo, morto nella m. di qualcuno; Già nella m. tace Ogni ombra del passato (Giusti); spec. per indicare la presenza continua e attiva nell’animo di un ricordo, di un affetto: Ché ’n la m. m’è fitta, e or m’accora, La cara e buona imagine paterna Di voi (Dante); ho sempre scolpite nella m. le sue ultime parole; sono consigli che non lasciano traccia nella sua m.; mettersi, ficcarsi bene in m. la lezione, una regola e sim., capirle bene e ricordarle (in questo senso non si potrebbe usare memoria).