marzullesco
agg. (iron.) Alla maniera del conduttore televisivo Gigi Marzullo; relativo agli schemi, alle trovate, agli spazi e agli orari delle sue trasmissioni. ◆ Ma la guerra uccide la satira? O una vignetta può riuscire a «uccidere» la guerra? Non è soltanto una domanda «marzullesca», i vignettisti italiani in questi giorni s’interrogano sui confini che una realtà così drammatica può (consapevolmente o no) imporre al loro lavoro. (Enrico Caiano, Corriere della sera, 30 marzo 1999, p. 9, Politica) • Per volontà di una legge entusiasticamente appoggiata dai telespettatori, i politici sono stati emarginati in spazi marzulleschi e di fatto sostituiti dagli artisti, gli unici ad avere ancora ascendente sul pubblico e a permettere ai Vespa e ai Santoro di tenere alta la barra degli ascolti. (Massimo Gramellini, Stampa, 29 aprile 2001, p. 7, Interno) • E dopo tanto tempo, dopo Nenni, dopo Moro, dopo Berlinguer, dopo tutto, ecco, come sospinti da una specie di rivelazione occulta ci si sorprende preda di un dubbio a suo modo marzullesco e risolutivo: è il gossip ad essere entrato nella politica; o invece è quest’ultima, verosimilmente, che si è trasferita nel più vasto universo del chiacchiericcio personalizzato, piegandosi alle sue leggi naturali? (Filippo Ceccarelli, Repubblica, 21 aprile 2006, p. 54, Diario).
Derivato dal nome proprio (Gigi) Marzullo con l’aggiunta del suffisso -esco.
Già attestato nella Repubblica del 7 marzo 1991, p. 39, Televisione (Beniamino Placido).