mangiare2
mangiare2 v. tr. [dal fr. ant. mangier, che è il lat. manducare «mangiare»] (io màngio, ecc.). – 1. Ingerire, immettere nell’organismo alimenti solidi e semisolidi (per i liquidi si usa il verbo bere); è riferito soprattutto all’uomo e agli animali forniti di dentatura, per i quali l’atto del mangiare consta di tre successive operazioni: presa degli alimenti, masticazione, deglutizione. Il verbo può essere usato: a. Con un compl. oggetto che specifica la cosa che si mangia, con riferimento ad atti singoli o occasionali: a pranzo, ho mangiato soltanto un po’ di verdura; questa carne è dura, non riesco a mangiarla; m. un boccone in fretta; si fermò a m. una fetta di cocomero; o per indicare il nutrimento abituale di un individuo, di un gruppo, di una specie: mio figlio mangerebbe sempre e soltanto pastasciutta; alcuni popoli mangiano carne cruda; le pecore mangiano l’erba; il pesce grande mangia il pesce piccolo. b. Con uso assol., senz’altra specificazione, per significare l’atto consueto del nutrirsi: si mangia per vivere, non si vive per mangiare (prov.); gli piace molto m. e bere; è stato tre giorni senza m.; anche con riferimento a un singolo pasto (pranzo o cena): a che ora si mangia?; vado a casa a m.; stasera mangio fuori (in trattoria, da amici); partiremo appena mangiato; l’appetito vien mangiando (prov.). Con sign. estens., campare, vivere: m. alle spalle del fratello, della moglie (e analogam., m. il pane a ufo, a tradimento, senza guadagnarselo lavorando). c. Con un avv. o un compl. indiretto che specifica il modo o le circostanze del mangiare: m. lautamente, parcamente, modestamente; m. svogliatamente, con appetito, di buon appetito; m. lentamente, in fretta, ingordamente, a quattro ganasce, a quattro palmenti; m. a crepapelle; m. con le mani, con la forchetta; m. come un porco, con riguardo alla quantità o al modo; m. leggero, pesante; m. alla carta, a prezzo fisso; m. al sacco, in gite, escursioni; m. in bianco, senza sughi, per motivi dietetici; m. di grasso, di magro, secondo i precetti della Chiesa; m. del suo, a proprie spese: or mangi del suo, se egli n’ha, ché del nostro non mangerà egli oggi (Boccaccio). d. Riferito a singola vivanda, per indicare il modo consueto di consumarla o il modo migliore di prepararla: frutti che si mangiano crudi o cotti, freschi o secchi; il sedano si mangia condito con olio e sale; l’aragosta si mangia lessa con maionese. e. Con varie accezioni nella locuz. da mangiare: roba da m., mangereccia, messa a disposizione di chi vuol mangiare; non avere da m., di che sfamarsi; guadagnare da m., quanto basta per vivere; dare da m. agli affamati, una delle opere di misericordia; fare, preparare da m., cucinare. 2. Usi estens.: a. Dell’uomo: mangiarsi le unghie, mordicchiarle per vizio; fig., mangiarsi le mani, i gomiti, pentirsi amaramente di cosa fatta (più com. mordersi). b. Di insetti, morsicare, rodere, rosicchiare: se lo mangiano le pulci; il tarlo mangia il legno. c. Di agenti esterni, rodere, consumare: una serratura tutta mangiata dalla ruggine. In partic., nel linguaggio marin., si dice che il mare mangia la costa, quando ne riduce l’estensione; che il vento (o il mare) mangia le vele o lo scafo, quando porta via o danneggia parte della velatura o dello scafo. 3. In alcuni usi fig.: a. M. con gli occhi, guardare avidamente, con desiderio, con amore. b. M. qualcuno dai (o di) baci, baciarlo più volte con effusione. c. Mangiarsi una persona, subissarla con minacce, rimproveri e sim.: se non la pianta me lo mangio vivo; gli si volse contro che sembrava volesse mangiarlo. Con accezione simile, mangiarsi un avversario, in competizioni agonistiche o d’altra natura, superarlo con grande facilità. d. Mangiarsi le sillabe, le parole, smozzicarle nel parlare, non pronunciarle chiaramente (con altro sign., mangiarsi, ma più com. rimangiarsi, la parola data, venire meno a una promessa, ritirarsi da un impegno); analogam., mangiarsi una nota, nell’esecuzione musicale, ometterla, saltarla; nello sport, mangiarsi un pallone, mangiarsi un gol, sbagliare una facile segnatura. e. Mangiarsi il fegato, il cuore, rodersi, tormentarsi; l’invidia lo mangiava, lo consumava. f. Consumare in dissipazioni il proprio patrimonio o l’altrui: ha mangiato (s’è mangiata) in breve tempo tutta l’eredità, la dote della moglie, ecc. g. Fare guadagni illeciti, ruberie, mangerie a danno di privati o della pubblica amministrazione, o anche soltanto farsi pagare in misura eccessiva, sproporzionata, o con imbroglio: gli ha già mangiato diverse migliaia di euro; mangia tu che mangio anch’io, frase prov. con cui si allude a disonesti arricchimenti nell’esercizio di funzioni amministrative. h. Nei giochi di carte, portare via una carta all’avversario con una carta di maggior valore; nella dama (dove, in determinati casi, si dice anche soffiare) e negli scacchi (dove più propriam. si dice prendere, catturare), eliminare con una mossa una pedina, un pezzo dell’avversario. i. In marina, m. il vento, impedire che esso agisca liberamente su un altro veliero, per esempio disponendosi sopravvento con la propria nave; m. il remo (o lasciarsi m. il remo), quando lo si lascia orientare di taglio nell’acqua, in modo che questa lo «prenda». l. Intendersi, avere pratica di qualche cosa: di latino ne mangia poco (più com. masticare). m. Per la locuz. mangiare la foglia, v. foglia, n. 1 e; per le locuz. m. la polvere e far m. la polvere a qualcuno, v. polvere, n. 1.