mancia
mància s. f. [prob. dall’ant. fr. manche «manica» (che le dame donavano nei tornei ai loro cavalieri)] (pl. -ce). – 1. a. Piccolo regalo in denaro che si usa dare a chi ha reso un servizio o una cortesia, in aggiunta al compenso dovuto: grossa, generosa, lauta m.; una m. avara, meschina; promettere una buona m.; una ricca m.; dare, ricevere, accettare, rifiutare la m.; la m. di Natale, di Pasqua, di Ferragosto. M. competente, espressione con cui si promette un compenso adeguato a chi riporterà al proprietario un oggetto (o un animale) smarrito, o darà informazioni in merito. b. Regalo in denaro fatto dal datore di lavoro ai proprî dipendenti in occasioni solenni o in riconoscimento di particolari meriti; in questo sign., la parola è oggi sostituita da gratifica. c. non com. Grosso dono che si fa a una persona al fine di corromperla: se agisce così, significa che ha avuto la sua buona mancia. 2. ant. Dono in genere e, per estens., tutto ciò che si dà o si fa a qualcuno: Altri villan poi facendovi mance Di cipolle porrate e di marroni (Cenne da la Chitarra); Come Ieptè a la sua prima m. (Dante), come fece Iefte, giudice d’Israele, alla sua prima offerta, alla prima cosa da lui promessa in dono a Dio. Per antifrasi, o per ironia, significò anche, per lo più nelle espressioni mala m., trista m., dolorosa m., danno, offesa, e sim.; incerta è invece l’interpretazione dei versi di Dante (Inf. XXXI, 4-6) Così od’io che solea far la lancia D’Achille e del suo padre esser cagione Prima di trista e poi di buona mancia. ◆ Dim. mancétta, mancia scarsa, o anche mancia in genere, in espressioni scherz. o iron.: con una buona mancetta, si ottiene ciò che si vuole; nel linguaggio fam., anche con il sign. partic. di paghetta (v. paga).