lusingare
luṡingare v. tr. [der. di lusinga] (io luṡingo, tu luṡinghi, ecc.). – 1. a. Attirare, allettare con lusinghe, con complimenti, lodi o false promesse: l’aveva lusingata a lungo facendole credere in una rapida promozione di carriera; l. i proprî spasimanti; l. gli elettori. Con senso più soggettivo, infondere un intimo piacere (come spesso fanno le lodi, gli atti di deferenza, le adulazioni, ecc.): mi lusinga il suo apprezzamento; il suo invito non mi lusinga affatto; spesso in frasi fig.: l. gli orecchi, l’amor proprio, l’ambizione, la vanità di qualcuno. Anche, assecondare tendenze non buone: riviste, film che lusingano le morbose inclinazioni di una parte del pubblico. Fig., letter., l. il sonno, conciliarlo: I venticelli, dibattendo l’ali, Lusingavano il sonno de’ mortali (T. Tasso). In tutti questi usi estens. e fig., il verbo s’avvicina ai sign. di altri verbi più o meno affini, come allettare, accarezzare, blandire. b. Illudere, indurre a credere o a sperare cose che non possono essere o che non possono realizzarsi: il medico lusingava l’ammalato per non scoraggiarlo; e con soggetto di cosa: Vano error vi lusinga (Petrarca); lo lusingava una vana speranza. c. Meno com., rivolgere buone parole, pregare dolcemente, cercar di rabbonire, di confortare, e sim.: quivi tanto la lusingò che ella le disse come quivi arrivata fosse (Boccaccio). 2. Come rifl., o intr. pron. (non com.), illudersi, indursi a credere o a sperare cose irreali o impossibili: si lusingava di poter riuscire; s’è lusingato a lungo con la speranza di vincere il concorso; non mi lusingo, non mi illudo, la speranza e il desiderio non riescono a trarmi in inganno sulla realtà. In frasi di cortesia, mi lusingo che ... o di ..., mi piace sperare, oso sperare (e si dice di solito con riferimento a cose che si spera riescano gradite, o che si ritengano un onore): mi lusingo di esserti stato utile; mi lusingo che non mi abbiate dimenticato. ◆ Part. pass. luṡingato, anche come agg., attratto, illuso, con la speranza (più o meno illusoria) di, e sim.: innamoratosi di Polissena, ... e lusingato di averla in isposa, si prestò ad un colloquio coi fratelli di essa, nel quale fu ucciso a tradimento (Cesarotti); più com., in funzione di predicato, nelle espressioni essere o sentirsi lusingato di o che ...: sono o mi sento molto lusingato del vostro invito (o più brevemente, come risposta di cortese accettazione: grazie, ne sono lusingato); era lusingato che ella mostrasse di rammentarsi i particolari di quella serata (Svevo). ◆ Il gerundio luṡingando è talora adoperato come didascalia musicale, applicata ad alcuni passaggi cui si vuole dare un carattere particolarmente dolce e suasivo.