livido
lìvido agg. [dal lat. livĭdus, der. di livere «essere livido»]. – 1. a. Di colore fra violaceo e verdastro; è la tinta caratteristica dell’ecchimosi cutanea recente, della cute cianotica e anche del cadavere: aveva un segno l. sulla faccia; macchia l., chiazze l.; quasi iperb., per denotare un pallore accentuato: aveva la faccia l. per il freddo, per la paura; e riferito alla persona (intendendosi sempre del volto): era l. di collera, di rabbia, di paura, d’invidia, ecc.; vedendosi scoperto, divenne livido. b. Sostantivato, per indicare il colore stesso: vide un sozzo bubbone d’un l. paonazzo (Manzoni); più spesso, con lo stesso senso di lividura (e quindi di ecchimosi): aveva il corpo pieno di lividi per la caduta; aveva un grosso l. sotto l’occhio; gli diede un pizzicotto da lasciargli il livido. c. Per estens., di altre cose, di colore smorto, indefinito tra il plumbeo e il verdastro, e comunque non bello: Al nocchier de la l. palude (Dante), dell’Acheronte; Col l. color de la petraia (Dante); Stendonsi livide l’acque in linea lunga che trema (Carducci); corsi nuovamente per le strade deserte, fra le mute facciate delle case che, sotto il cielo l., parevano di carta sporca (Malaparte). 2. fig., letter. Invidioso, pieno di malanimo, di astio (cfr. livore): i suoi l. denigratori; parole l.; l. insinuazioni. ◆ Dim. lividétto, alquanto livido. ◆ Avv. lividaménte, con riflessi lividi: attraverso un cielo di piombo, il sole si diffondeva lividamente nella vallata; più spesso fig., con livore, con astio: guardare, sorridere lividamente.