limare
v. tr. [lat. līmare]. – 1. Passare la lima sulla superficie di un pezzo metallico, o di legno, o d’altro materiale, allo scopo di asportarne piccoli spessori o di appianarne le asperità. 2. fig. a. Corrodere, consumare provocando cruccio e tormento: Pensier (dicea) che ’l cor m’aggiacci et ardi, E causi il duol che sempre il rode e lima (Ariosto); l’ostinata nera orrenda barbara malinconia che mi lima e mi divora (Leopardi); rifl., non com., limarsi, rodersi di cruccio. b. Correggere, emendare uno scritto cercando di condurlo a perfezione di forma. Più raro col sign. generico di ripulire, migliorare e simili: Aristotele ... e Zenocrate ... limarono e a perfezione la filosofia morale redussero (Dante). c. non com. Scemare, togliere: e fecimi ’l solecchio, Che del soverchio visibile lima (Dante), attenua cioè la luce troppo viva che colpisce la vista. d. non com. Sfregare, stropicciare: al fanciullo che ... si lima i cari occhi col dosso Dell’altra mano (Pascoli). 3. Lima lima: frase pop. di dileggio o di beffa (dove lima è imperativo di limare), che si accompagna col gesto di sfregare il dito indice della mano destra sull’indice della sinistra, quasi a dire «róditi dalla stizza»; fare lima lima, fare il gesto ora descritto, anche senza pronunciare le relative parole. ◆ Part. pass. limato, anche come agg., soprattutto nel senso fig. 2 b: prosa troppo limata; estens., scrittore limato, che cura molto la forma dei proprî scritti, forbito, elegante.