libertino
agg. e s. m. [dal lat. libertinus, der. di libertus «liberto»; nei sign. moderni, dal fr. libertin]. – 1. In Roma antica, termine che qualificava la condizione dei liberti (condizione libertina) e, come sost., indicava il liberto stesso, lo schiavo affrancato, o il figlio o discendente d’un liberto. 2. ant. Fautore della libertà, di un governo democratico: quelli che per fare professione di desiderare la libertà, si chiamavano volgarmente i l. (Guicciardini). 3. a. Termine, spesso polemico, usato (soprattutto nel sec. 17°) con riferimento a quegli intellettuali che assumevano, in forme più o meno velate, posizioni non conformiste rispetto alle tradizioni e alle consuete scale di valori etico-religiosi, in nome di un’interiore libertà di coscienza e di critica: il movimento l.; il pensiero dei libertini. b. estens., ant. Che, o chi, non osserva le regole stabilite e si sottrae a una determinata disciplina o tradizione: Montagna fu segnatamente proscritto dall’Accademia, come autore troppo l. nella lingua e sedizioso (Algarotti). 4. Uomo di costumi licenziosi, di condotta disordinata, dedito ai facili amori: un vecchio l.; è un l. impenitente; come agg.: fare vita libertina. ◆ Raro, in tutte le accezioni, il femm. libertina.