lapsus
s. m., lat. [der. di labi «scivolare», part. pass. lapsus]. – Parola che, anche nell’uso mod., ricorre nelle locuz. lapsus linguae «errore verbale, sbaglio nel parlare» (propr. «sdrucciolamento di lingua») e lapsus calami «errore di scrittura» (propr. «sdrucciolamento di penna»), o abbreviatamente lapsus in tutti e due i sign., per indicare quegli errori involontarî che consistono nel sostituire un suono o scrivere una lettera invece di un’altra, nella fusione di due o più parole in una sola, nell’omissione di una parola, nel pronunciare o scrivere un nome invece di un altro, ecc. (secondo S. Freud e la psicanalisi, tali errori sarebbero spesso dovuti a motivi inconsci che rivelano un impulso in contrasto con ciò che si sarebbe voluto dire o scrivere: di qui l’espressione l. freudiano con cui anche vengono indicati, soprattutto quando si tratti di scambî di lettere o sostituzioni di nomi e parole, corrispettivo per il linguaggio di ciò che l’azione sintomatica è per il comportamento). In senso più ampio, il termine è spesso usato in tono scherz. o iron. per giustificare un errore, soprattutto scritto, attribuendolo a distrazione e a un atto involontario: è stato un lapsus! Meno com. la locuz. lapsus memoriae, improvvisa dimenticanza, momentaneo difetto della memoria.