ladro
s. m. (f. -a) [lat. latro (-onis)]. – 1. a. Chi ruba, chi si appropria indebitamente di beni altrui, violando con astuzia, o col ricorso all’inganno, alla frode, e di solito agendo di nascosto (meno spesso con mezzi violenti), il diritto di legittima proprietà: è un l., è una l.; un gran l.; un famoso, un celebre l.; appartamento svaligiato da ignoti l.; l. matricolato, l. di professione; l. internazionale; l. in guanti gialli, che ha o si dà l’aspetto di gentiluomo; dare del l. (tosc. di l.) a uno, chiamarlo tale, accusarlo d’essere un ladro. Nell’uso, si dice anche di chiunque si arricchisca indebitamente a danno d’altri, in partic. del venditore che ruba nel peso o si fa pagare troppo cara la merce: quel macellaio è un vero ladro; e più genericam. di chi pretende compensi o impone prezzi eccessivi, sproporzionati: è un l. quell’idraulico; che ladri in quest’albergo!, o in questo ristorante! Con determinazioni: l. di strada, brigante, grassatore; l. di campagna, chi si dedica al furto di prodotti campestri; l. di polli, di galline (anche in senso fig. e spreg., ladruncolo che si dedica a piccoli furti, soprattutto notturni, quando è più sicuro di non correre rischi); l. acrobata, particolarmente abile e spericolato nell’arrampicarsi su muri, cornicioni, ecc., allo scopo di penetrare nelle proprietà altrui; fig., l. della fama, dell’onore altrui, chi si appropria indebitamente la fama e l’onore che spetta ad altri; l. di cuori, lo stesso che rubacuori. Per lo più, come nella maggior parte delle locuz. e delle frasi citate, si intende per ladro chi si dedica abitualmente al furto; talora, però, spec. se con l’art. determ. o se spiegato da un compl. di specificazione, si dice di chi è autore di un singolo o di un particolare furto: ecco lì il l.; al ladro!, grido di chi vuol richiamare l’attenzione su un ladro in fuga; io [Vanni Fucci] fui Ladro a la sagrestia d’i belli arredi (Dante). b. In funzione di agg.: avere un commesso l., una domestica l.; cassiere l., fattore l.; gente l.; piove, governo ladro! (v. piovere); il gatto e la volpe sono l. di natura; estens., mani l.; fig., occhi l., belli, vivaci (propr., che rubano il cuore). c. Proverbî e modi proverbiali: l’occasione fa l’uomo l. (anche con sign. estens.); chi è bugiardo è l.; tanto è l. chi ruba che chi tiene (o regge) il sacco; in casa di ladri non ci si ruba; cacciare via come un l., con modi villani; andare come il l. alla forca, accingersi a fare una cosa con evidente ripugnanza; e per indicare cosa pessima: è un tempaccio da ladri; buio da ladri, buio pesto. Aceto dei sette ladri, o dei sette ladroni, o dei quattro ladroni (v. ladrone). 2. Per analogia: a. In tipografia, pezzo di carta che inavvedutamente s’interpone tra la forma e il foglio togliendo così parte della stampa, o anche ripiegatura del foglio che produce lo stesso effetto. b. tosc. Frammento di lucignolo che si stacca e continua ad ardere a lato della fiammella, struggendo la candela da una parte. c. Con altri sign. analogici, è usato il femm. ladra (v.). ◆ Spreg. ladrùccio, ladracchiòlo, e più com. ladrùncolo (adattamento del lat. latruncŭlus), ladro da poco o anche, con valore dim., ragazzo che ruba; pegg. ladràccio. V. inoltre ladrone, talora usato come accr. di ladro. ◆ Poco com. l’avv. ladraménte, da ladro: amministrare ladramente; fig., in modo pessimo: lavorare, tradurre ladramente.