iperinformato
p. pass. e agg. Che è al corrente di tutto, anche in modo eccessivo e senza vaglio critico. ◆ Come osserva Harald Weinrich in «Lete. Arte e critica dell’oblio»: «Viviamo in una società iperinformata, dove l’intelligenza superiore non consiste più nel procurarsi le informazioni – cosa che ogni ragazzo o ragazza può fare tramite Internet – bensì nel liberarsi delle informazioni, cosa per cui non esiste in Internet alcun programma». (Riccardo Chiaberge, Corriere della sera, 17 aprile 1999, p. 33, Cultura) • un cittadino iperinformato non necessariamente è anche un cittadino beninformato. Il web non fa eccezione e il mondo dei blog è forse l’esempio più chiaro del «mare magnum» di internet: un segnale concreto della sua grande libertà espressiva e, al tempo stesso, dei suoi grandi limiti. (Bruno Simili, Messaggero, 30 marzo 2006, p. 23, Cultura & Spettacoli) • Cosa troviamo di rivelatore in questa cucina? Niente. Il solito televisore, già acceso a prima mattina, bicchieri, stoviglie, un mestolo e un pentolino, entrambi di rame. Oggetti comuni, d’uso quotidiano. «Ma come?!», esclamerà il lettore iperinformato da un quinquennio di enfasi mediatica, «sono i probabili strumenti del delitto, i corpi del reato!». È vero. Ciò nonostante rimangono un mestolo e un pentolino di rame, oggetti comuni, d’uso quotidiano. (Antonio Scurati, Stampa, 28 aprile 2007, p. 7, Cronache Italiane).
Derivato dal p. pass. e agg. informato con l’aggiunta del prefisso iper-.
Già attestato nella Repubblica del 15 settembre 1990, p. 22, Cronaca, nella variante grafica iper-informato.