invescare
v. tr. [der. dell’ant. vesco «vischio»] (io invésco, tu invéschi, ecc.), letter. – 1. Invischiare, cioè spalmare di vischio, di pania, e per estens. (cfr. inviscare) di altra materia appiccicosa: i verdi et invescati rami (Petrarca). 2. Prendere, attaccare col vischio, quasi esclusivam. in senso fig., attrarre e legare a sé, impigliare in modo da rendere impossibile o difficile liberarsi (cfr. impaniare): i. con moine; Chi mette il piè su l’amorosa pania, Cerchi ritrarlo, e non v’inveschi l’ale (Ariosto). Più frequente il rifl., con sign. analoghi: voi non gravi Perch’io un poco a ragionar m’inveschi (Dante), mi trattenga lasciandomi prendere dal piacere di ragionare, di parlare con voi; E per molti sentieri erra, e s’invesca Senza molto saper dove riesca (Giusti). In partic., invescarsi nell’amore di una donna, o assol. invescarsi, innamorarsi, rimanere preso nella rete della passione amorosa: usando una volta e altra con costei ... e ognora più invescandosi (Boccaccio).