intrasentire
v. tr. Sentire vagamente dentro di sé, percepire in modo vago e impreciso; intuire misteriosamente. ♦ Certamente, la fluenza dell'invenzione melodica di Vivaldi, la stupenda potenza dell'esigua orchestrazione, dove quartetto degli archi vigoreggia, e sovente fa intrasentire (un'illusione frequente) altri timbri strumentali, la carezza auricolare di terzetti, di quartetti e di quintetti vocali, infine la strutturale solidità della composizione, tornano anche in quest'opera. (A Della Corte, Nuova Stampa, 13 settembre 1958, p. 5) • Leggiamo le parole della sua [di Luigi Tenco, ndr] canzone estrema (che avevamo intrasentito ieri sera, dalla radio, fermi ad un semaforo), come fossero il testo di una qualunque poesia. (Alberico Sala, Corriere di’informazione, 27-28 gennaio 1967, p. 3) • Il suo modo [dello scrittore e critico Pietro Citati, ndr] non è quello diretto, immediato di chi vuole andare al sodo, quanto piuttosto quello di chi gira attorno, quasi che il lettore fosse un flâneur e passeggiasse dentro e nelle vicinanze del testo, fino a riconoscerne a fiuto ogni piega. O un musicista che indugia nell'accordare il proprio strumento e ascolta e attende che per tocchi successivi si riproduca il suono che ha intrasentito e lui vorrebbe amplificare. (Nadia Fusini, Repubblica, 26 ottobre 2000, p. 44, Cultura) • Una percentuale un po' più alta ha intravisto Rezza in Tv, o lo ha intrasentito in radio: è stato ospite di Linus a Radio Deejay, di Daria Bignardi alla Sette – interviste venute male, anche quella con Linus, che pure è un virtuoso del genere, perché Rezza è un timido aggressivo e, vinto dall'imbarazzo, perde tutta l'ironia e si mette a pontificare. Ma non gli hanno mai dato una striscia serale su Rai 3, o la conduzione di Domenica In. Uno si domanda come il pensionato in poltrona accoglierebbe, al posto delle pillole di saggezza di Giletti, certe massime lapidarie come (da Escoriandoli) «Dei vivi restano solo le cazzate» o «La speranza la lascerei agli stronzi», o lo sketch sui due genitori che si drogano di nascosto dal figlio reazionario. (Claudio Giunta, Sole 24 Ore.com, 23 dicembre 2012, Teatro e Danza).
Derivato dal v. sentire con l’aggiunta del prefisso intra-.
La parola è attestata tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento (Giovanni Papini, Le memorie d’Iddio; e la vita di nessuno, 1919: «un’anima inferiore ma pur capace d’intrasentire i miei significati»).