intorbidare
v. tr. e intr. [der. di torbido, col pref. in1-] (io intórbido, ecc.). – 1. tr. a. Far diventare torbido: le piogge hanno intorbidato il fiume; il lupo rimproverava l’agnello d’intorbidargli l’acqua. b. Spesso fig., turbare, portare la confusione e il disordine dove c’è serenità e tranquillità: i. la gioia, l’allegria, la pace, un’amicizia; i. le acque, cercare di sovvertire uno stato di cose, di creare agitazione, spec. nella vita politica o sociale e per lo più col fine di trarne vantaggio (cfr. la frase prov. pescare nel torbido). Riferito ai sensi o alle facoltà dello spirito, confondere, annebbiare, offuscare: i. le idee; la gelosia gl’intorbidava la mente; il vino bevuto gli aveva intorbidato la vista; i. gli occhi, lo sguardo, renderli turbati, o foschi, sinistri. Anche agitare, eccitare (ma sempre con un senso di inquietezza o di impurità): letture che intorbidano la fantasia; il mangiare delle fave, creduto contrario alla tranquillità dei medesimi sogni, ed atto a intorbidarli (Leopardi). 2. intr. (aus. essere) Farsi torbido; per lo più con la particella pron.: se si scuote la bottiglia, il vino s’intorbida; fiumi che non intorbidino per piogge (Leonardo). Estens. e fig., agitarsi, oscurarsi, offuscarsi: il mare s’intorbida; il tempo comincia a intorbidarsi (anche con allusione alla situazione politica, economica, ecc.); gli s’intorbidò la vista, la mente; gli occhi mi s’intorbidarono dalla commozione (Pirandello); con riferimento agli occhi, e allo sguardo, anche perdere limpidezza, incupirsi, diventare torvi, cattivi. Prov. tosc., Arno non ingrossa se non intorbida (fig.: è difficile crescere in fama, in onori, in ricchezze senza compromessi con la propria coscienza). ◆ Part. pass. intorbidato, anche come agg., nelle varie accezioni del verbo: acque intorbidate; un cielo intorbidato; con occhi intorbidati per l’eccitazione.