interruttore
interruttóre s. m. [dal lat. tardo interruptor -oris, con il sign. 1]. – 1. non com. (f. -trice) Chi interrompe una operazione, un discorso altrui: un i. noioso. 2. Apparecchio mediante il quale si apre e si chiude un circuito elettrico: girare, spingere, premere (e meno propriam., nel ling. fam., aprire, chiudere, accendere, spegnere) l’interruttore; far scattare l’i. della luce è uno dei residui atti di potenza e di libertà rimasti all’uomo (Francesca Sanvitale). Più in partic., apparecchio atto a chiudere o ad aprire un circuito percorso da corrente e a mantenere le posizioni di circuito aperto o chiuso (diversamente dai sezionatori, contattori, ruttori e disgiuntori, deve assicurare un buon contatto quando è chiuso ed essere di facile e sicura manovra); si distinguono: i. a leva, a pera, a cursore, a pulsante, basculante, rotativo, in base alla forma e alle caratteristiche tecniche; i. unipolare, bipolare, tripolare, a seconda del numero dei conduttori in cui avviene l’interruzione; i. ad acqua, i. in olio, così denominati per avere una camera di estinzione stagna e contenente rispettivam. acqua e olio; i. in aria, interruttore che non ha particolari accorgimenti per lo spegnimento dell’arco, e ha quindi un campo di applicazione limitato alle basse e medie tensioni e ai piccoli poteri di interruzione; i. automatico, in cui la manovra di apertura avviene automaticamente per determinate condizioni di funzionamento dell’impianto, ad opera di un relè, sensibile alle condizioni anormali (costituisce perciò un componente fondamentale nella protezione degli impianti dai guasti); i. differenziale, particolare tipo di interruttore automatico nel quale un relè differenziale, rilevando una non uguaglianza tra le correnti totali di ingresso e di uscita di un impianto, fornisce il segnale per l’apertura dell’interruttore (è impiegato nei sistemi di protezione per le persone contro i contatti accidentali con elementi in tensione).