indurare
v. tr. e intr. [lat. indūrare, der. di durus «duro»], letter. – 1. tr. Rendere duro o più duro. Il verbo, molto com. nel passato, è oggi sentito come ant. o letter. e per lo più sostituito da indurire, sia nel sign. proprio sia in alcuni usi fig.: i. il metallo con la tempera; il peccato, rinforzando l’abito cattivo, indura sempre più la volontà nel suo male (Segneri), la rende cioè pertinace, ostinata; essendo propria natura delle miserie i. e corrompere gli animi (Leopardi); rifl.: Odi, incauto mio cor, resisti, indura Te stesso al suon di quei vezzosi accenti (Cesarotti). 2. intr. (aus. essere) e intr. pron. Diventare duro, acquistare sodezza o perdere la flessibilità: Null’altra pianta che facesse fronda O indurasse, vi puote aver vita (Dante); fig.: nel cor m’induro e ’naspro (Petrarca), divento insensibile e m’inasprisco; Ti sfida il forte, che ne’ rischi indura (V. Monti), consolida la propria forza, il proprio coraggio. ◆ Part. pass. indurato, anche come agg.: flutto indurato (Leopardi), la lava.