indovino
(ant. indivino) s. m. e agg. [lat. divīnus «divino, indovino, profeta», rifatto secondo il verbo indovinare]. – 1. s. m. (f. -a) a. Persona ritenuta capace di prevedere e annunciare l’avvenire, di divinare cose future o nascoste: l’i. Calcante, l’i. Tiresia, personaggi dei poemi omerici; consultare un i.; e di donne: Vedi le triste che lasciaron l’ago, La spuola e ’l fuso, e fecersi ’ndivine (Dante). È parola d’uso com. e si riferisce anche, al masch. o al femm., a chi pratica forme spicciole di divinazione, come la chiromanzia e la cartomanzia. b. Con sign. generico, cioè persona capace d’indovinare, è frequente in funzione di predicato (di solito senza articolo indeterminato) in alcuni modi fam.: sono forse i.?, non sono mica i., per scusarsi di non aver saputo prevedere l’esito d’un fatto, o rifiutandosi di dare assicurazione sul successo di qualche cosa; non c’è bisogno di essere un i. per sapere come andrà a finire, quando è troppo facile prevedere lo svolgimento d’un fatto. Per estens., di chi ha fatto comunque previsioni che si sono avverate: Quando io ti confortava a stare in pace, Fossi io stato, signor, falso i. (Ariosto). 2. agg. non com. a. Presago di cosa futura: Ambruogiuolo, già del suo male i., di peggio avea paura che di pagar denari (Boccaccio); il mio cuore è stato indovino. b. Divinatorio, relativo alla divinazione: famoso e nobil mago, Che fin da’ suoi prim’ anni a l’indovine Arti si diede (T. Tasso).