imputare
v. tr. [dal lat. impŭtare, comp. di in-1 e putare «contare»; propr. «mettere in conto»] (io ìmputo, ecc., meno com. impùto, ecc.). – 1. a. Attribuire, ascrivere un fatto a qualcuno (per lo più di fatti considerati un male, una colpa; più raram. di un bene): i. a colpa, a biasimo, a disonore; i. a merito, a lode; imputarono a lui la sconfitta; mostrando contro mia voglia la piaga de la fortuna, che suole ingiustamente al piagato molte volte essere imputata (Dante); i. al caso, all’ignoranza, a negligenza, a distrazione. b. Con compl. oggetto di persona, indicare come colpevole o responsabile di un fatto: i. qualcuno (o, nel passivo, essere imputato) di un delitto; in partic., promuovere azione penale nei confronti di una persona (che diviene perciò l’imputato). c. Col sign. più generico di accusare: Né che poco io vi dia da imputar sono; Che quanto io posso dar tutto vi dono (Ariosto); spesse volte le più stupende opere filosofiche sono anche imputate di oscurità (Leopardi). 2. a. Nel linguaggio econ. e contabile, attribuire determinate spese a determinati prodotti; con riferimento alle aziende di erogazione, anche attribuire un’uscita o un’entrata a un determinato capitolo del bilancio di previsione. Più genericam., conteggiare: i. una somma in conto interessi o in conto capitale. b. Nel linguaggio giur. (oltre al generico significato di conteggiare: per es., i. un pagamento agli interessi), con sign. specifico, includere nel computo della quota spettante a un erede anche beni a lui attribuiti ad altro titolo dal testatore in vita: i. una donazione alla legittima. ◆ Part. pass. imputato, frequente come sost. (v. la voce). Col sign. generico di «attribuito», nell’espressione giustizia imputata, la giustizia nella quale, secondo la concezione di Lutero, il giusto vive per dono di Dio, cioè la giustizia di Dio stesso che giustifica gli uomini mediante la fede in lui.