improvvisare
improvviṡare v. tr. [der. di improvviso1]. – 1. Dire, scrivere, comporre (versi, un discorso, ecc.) all’improvviso, seguendo l’ispirazione del momento, senza cioè preparazione o meditazione; comporre musica mentalmente nell’atto stesso dell’eseguirla: i. un sonetto, una predica; i. delle variazioni sopra un motivo noto; anche usato assol.: sedette al piano e cominciò a improvvisare. 2. Con sign. più generico, organizzare, allestire in fretta qualche cosa, di solito per circostanze imprevedute: i. una festa, una cena, una dimostrazione, una scena comica, un intervento, un discorso. 3. Nel rifl., e con compl. predicativo, assumere improvvisamente un aspetto, una funzione insolita, senza avere alcuna preparazione specifica: improvvisarsi attore, cuoco, bambinaia; s’improvvisò nostra guida. ◆ Part. pres. improvviṡante, come agg. e sost., letter., che o chi improvvisa versi o musica, improvvisatore, poeta estemporaneo: era tra la folla Gabriele Rossetti improvvisante (Carducci). ◆ Part. pass. improvviṡato, frequente come agg.: discorso improvvisato; stornelli improvvisati; una cenetta improvvisata; con riferimento a composizioni letterarie o musicali, include a volte un giudizio negativo (per le qualità spesso scadenti delle creazioni estemporanee, per la mancanza del necessario lavoro di preparazione e di lima, e anche perché non di rado quella che è detta ispirazione è soltanto abilità e bravura): sono versi improvvisati; è roba improvvisata! (cfr. l’uso analogo di improvvisazione).