guardare
v. tr. e intr. [dal germ. wardōn] (come intr., aus. avere). – 1. Dirigere gli occhi, fissare lo sguardo su qualche oggetto (non include necessariamente l’idea del vedere, in quanto si può guardare senza vedere, così come si può vedere qualche cosa senza rivolgervi intenzionalmente o coscientemente lo sguardo): che cosa guardi?; dove guardi?; g. un fiore, un quadro, una vetrina, un’esposizione; g. la televisione; g. i monti, le stelle; g. nel vuoto; g. la gente che passeggia; fammi g. dentro il cassetto; g. dal finestrino; g. attraverso il buco della serratura; g. davanti a sé; g. dietro a sé, dietro di sé, o g. indietro, voltando indietro il capo; g. innanzi e indietro, in qua e in là, in su e in giù, per tutti i versi; g. in giro, g. intorno a sé (diverso da guardarsi intorno, cercando di scoprire qualche cosa, di accertarsi, di mettersi in guardia contro eventuali pericoli, e sim.). Determinando il modo del guardare o il sentimento espresso dallo sguardo: g. con insistenza; g. fisso; g. come un matto, come un miope; g. con gli occhi spalancati o sbarrati; g. con attenzione; g. distratto o distrattamente; g. con amore, con ammirazione, con desiderio, con interesse, con aria di compatimento, con disprezzo, ecc.; g. di traverso (ant. a traverso), di sbieco, di lato e, in senso fig., ostilmente, con malevolenza; g. con la coda dell’occhio, di lato, in modo che altri non se n’accorga; g. storto (non com. torto), per strabismo e, fig., con ostilità; g. in tralice, di sottecchi (v. tralice); g. in cagnesco, in modo ostile; g. male o di mal occhio, con rancore, sospetto, malanimo; g. di buon occhio, con benevolenza: g. dall’alto in basso, o d’alto in basso (calco del fr. regarder de haut en bas), con superbia o disprezzo. Il sign. o il valore dello sguardo può anche essere incluso nel verbo stesso, senza particolare determinazione: g. una donna, una ragazza, con desiderio o ammirandone le forme; g. qualcuno in faccia, in viso, negli occhi, con franchezza e sicurezza, o a scopo d’investigazione: l’oste guardava in viso a lui, come per aspettar ordini (Manzoni); e in tono di minaccia e di severità: guardami, se scherzo!; guardami bene, questa è l’ultima volta che ...; fig., g. in faccia il pericolo, la morte, affrontarli senza paura, con piena consapevolezza. In frasi negative: non g. più una persona, nutrire collera o risentimento nei suoi confronti; non lo guarda nessuno, nessuno lo cerca, se ne interessa o se ne cura; riferito a donna, nessuno la guarda, nessuno le manifesta ammirazione o interesse; non g. in faccia a nessuno, non fare distinzione fra persona e persona, agire senza lasciarsi influenzare o intimorire da coloro verso i quali l’azione è diretta: le persone imparziali non guardano in faccia a nessuno; la legge, la giustizia, il fisco non deve g. in faccia a nessuno. In frasi esclamative: guarda! (o ripetuto, guarda guarda!), per significare meraviglia, sorpresa e talora anche disappunto: guarda guarda chi si vede!; guarda che cosa ho trovato per terra!; guarda un po’ che cosa mi doveva capitare! In contrapp. ad altri verbi, che esprimono azioni spesso connesse col guardare: ho guardato a lungo ma non ho visto nulla; ho visto che c’erano molti quadri, ma quelli che meritavano d’esser guardati eran pochi; g. e non toccare!, raccomandazione (rivolta a bambini, o anche ad adulti) di non toccare cose fragili o preziose; stare a g., di persona che non partecipa a un’azione ma si limita a osservarla disinteressandosene. Il rifl. guardarsi indica per lo più l’atto di guardare la propria immagine riflessa nello specchio; come rifl. reciproco non ha accezioni diverse dal senso proprio dell’attivo: si guardarono a lungo; ci guardammo negli occhi; stare a guardarsi, spiare l’uno le mosse dell’altro, o, anche, stare insieme senza far nulla; con accezione partic., non guardarsi più, avere interrotto i precedenti rapporti d’amicizia o d’amore. 2. a. Osservare, esaminare con gli occhi (fig., considerare con la mente) per giudicare: g. la strada da attraversare; guardate voi quanto possa valere questo anello; guarda se il conto è esatto; Guarda la mia virtù s’ell’è possente (Dante); non g. troppo per il sottile (raro per la sottile), non dare troppa importanza a particolari insignificanti. b. Cercare con gli occhi: Forse tu fra plebei tumuli guardi Vagolando, ove dorma il sacro capo Del tuo Parini? (Foscolo). 3. a. Badare, fare attenzione: guardate ai fatti vostri; guarda alla tua salute; guarda a quel che fai; guarda bene dove ti metti a sedere; guarda dove metti i piedi (anche fig.); con la negazione, non g. a ..., lo stesso che non badare, cioè non risparmiare, non imporsi limiti: non g. a spese; non g. a spese né a fatiche. b. Seguito da di e l’infinito o da che e il congiuntivo, fare in modo, cercare, procurare: guarda di arrivare in tempo; guarda di renderlo contento; guarda che non ti si rompa; anche in tono iron.: eccoti un altro bicchiere e guarda di rompere anche questo. 4. a. Custodire, vigilare, fare la guardia a qualche cosa: g. le pecore; g. il podere, la casa; g. a vista un prigioniero, un pregiudicato, senza perderlo d’occhio; g. le coste dagli attacchi nemici; g. le spalle dell’esercito in ritirata. Con senso più vicino a proteggere, assistere: La morta amica almen guarda dal cielo, Onde d’Elettra tua resti la fama (Foscolo); un liquor simile non si trova in tutti i ventidue regni del re nostro signore, che Dio guardi (Manzoni); sign. simile ha anche nelle espressioni esclamative Dio guardi!, Dio ne guardi!, a proposito di cosa che potrebbe accadere e si vuole scongiurare: Dio guardi, se lo sa il babbo!; e rafforzato: Dio guardi, scampi e liberi! b. rifl. Guardarsi, difendersi, tenersi in guardia, assicurarsi da un pericolo: guàrdati dalle idi di marzo (v. idi); guardatevi da certi consigli interessati; guardarsi le (o alle) spalle, stare in guardia da chi potrebbe colpirci o danneggiarci di sorpresa, a tradimento; prov., dagli amici mi guardi Iddio, dai nemici mi guardo io. Con altra accezione, astenersi: guàrdati dal frequentarlo; guàrdati bene dal credere una parola di quel che ti racconterà; guardatevi dal fumo, dall’alcol; Ma dimmi la cagion che non ti guardi De lo scender qua giuso in questo centro (Dante); fam., me ne guardo (o me ne guarderei) bene!, per sottolineare la propria ferma intenzione di non voler fare qualche cosa. 5. Di stanze, finestre, lato d’un edificio o d’una costruzione, essere esposto, rivolto verso una data direzione: una finestra che guarda il cortile, nel cortile, sul cortile, verso il cortile; una camera che guarda mezzogiorno, a mezzogiorno, verso mezzogiorno; le mura di Milano che guardano a Settentrione (Manzoni). 6. ant. a. Rispettare: g. le feste; osservare: g. le leggi; mantenere: g. la fede data. b. Serbare: Dolce mio caro e precïoso pegno Che Natura mi tolse, e ’l Ciel mi guarda (Petrarca); belle e care gioie ..., le quali tutte diligentemente la contessa guardava (Boccaccio). Quest’uso è rimasto al francese; e vecchi gallicismi, ormai ant., sono g. il letto, g. la camera, essere costretto a letto, a rimanere in camera o in casa, per malattia. c. Contenere e custodire al tempo stesso: un grand’avello, ov’io vidi una scritta Che dicea: «Anastasio papa guardo ...» (Dante). ◆ Part. pres. guardante, in araldica, come agg., attributo degli animali raffigurati con la testa di fronte o che guardano il sole posto nel primo cantone.