graticcio
gratìccio (ant. cratìccio) s. m. [dal lat. craticius, agg., der. di cratis o crates (v. grata), propr. «formato di elementi disposti a grata»]. – 1. a. Stuoia fatta di vimini intessuti, usata per seccarvi le frutta e per altre simili necessità. b. In bachicoltura, stuoia di canne (detta anche canniccio o arello), o telaio di legno che sostiene un piano di rete metallica, di spago o di listelli di legno, su cui si dispongono i bachi e la foglia che serve loro di nutrimento. c. Più genericam., qualsiasi struttura di elementi lignei incrociati e spesso intrecciati, che si usi come mezzo di chiusura e riparo. In partic., nella fortificazione campale, intreccio di vimini o rami attorno a bastoni disposti parallelamente e in un piano, usato per rivestimenti di fossi e trincee e per la costruzione di ripari. d. Siepe trasportabile di rami secchi intrecciati, usata come ostacolo nelle corse dei cavalli. 2. In edilizia: a. Struttura di travi di legno intrecciate usata come intelaiatura per parti di muratura leggera; in uso già presso i Romani (opus craticium), costituì dal medioevo al sec. 19° una caratteristica dell’architettura minore dei paesi nordici, dove gli elementi lignei, visibili dall’esterno, ebbero particolare valore d’arte per la ricca decorazione intagliata. b. Muro a graticcio: muro di mattoni, usato spec. per recinzioni, tamponature di edifici agricoli, divisorî per giardini, ecc., in cui i mattoni sono disposti in modo da lasciare numerosi vuoti passanti che si corrispondono a intervalli regolari formando disegni geometrici varî.