grado2
grado2 (ant. grato) s. m. [lat. gratum, neutro sostantivato dell’agg. gratus «gradito»], letter. – 1. Gradimento, volontà, piacere, nelle locuz. (ant.) a grado, a buon g., a grande g., con gradimento, con soddisfazione: fatto era, quanto egli avea comandato, a grande grado e piacere di santa Chiesa (M. Villani); a mio, tuo g., ecc., a mio, tuo arbitrio: può andare o restare a suo g.; contra g., contro la propria volontà: Contra suo grado e contra buona usanza (Dante); or qui mi celo Contra mio grado (T. Tasso); meno com., per grado, volentieri, spontaneamente: o per grado o per forza mi converrà di fare a tuo modo (Leopardi). Oggi sopravvive spec. nella locuz. di buon g., volentieri: fare, accettare, acconsentire di buon g.; lo farò assai di buon g.; meno com., di mio, tuo buon g., di mia o tua volontà, con la mia o tua approvazione. Ant., buon g., con uso analogo a malgrado e con sign. contrario: sarebbero stupitissimi in ritrovarsi tanto celebri, buon grado la volontaria servitù di que’ mediocri ingegni (A. Verri). Altre locuz.: essere, andare a g. a qualcuno, ant. venire a g. (o in g.), essergli gradito, incontrarne il favore, piacergli: lo ’ncominciò a servir sì bene, e sì acconciamente, che egli gli venne oltre modo a grado (Boccaccio); mi è a g., mi è gradito: Conoscerebbe quanto m’era a grato ubbidire a la mia celeste scorta (Dante); avere a g., gradire: avrei a g. che tu lo facessi. 2. Gratitudine, riconoscenza: per quel singular grado Che tu dei a colui che sì nasconde Lo suo primo perché (Dante); solo nelle locuz. letter. aver grado o saper grado a qualcuno di qualcosa, essergliene grato: ho fatto il possibile per aiutarli, ma nessuno me ne seppe grado.