giornalepartito
(giornale-partito, giornale partito), loc. s.le m. Giornale d’opinione che si propone come catalizzatore degli interessi dei propri lettori, alla stregua di un partito politico. ◆ Quando [Eugenio] Scalfari legittima il ruolo di «Repubblica» come «giornalepartito» e lo considera segno distintivo della fase attuale, che si è liberata dei partiti di massa, usa argomenti che finiscono con il legittimare il ruolo della «televisione-partito» di [Silvio] Berlusconi. Si delineano così le coordinate di quella «partitocrazia senza partiti», che domina la vita del Paese dopo il tramonto della democrazia dei partiti e condiziona una transizione interminabile. (Giorgio Grigolli, Adige, 8 settembre 2000, p. 7) • L’Italia ricca, il vento del Nord non sono oggi portatori di valori etici, e neppure simbolici. Il rapporto fra informazione e classe sociale, è stato sommerso dagli interessi economici. Non ci sono più giornali partito, tutti dedicano decine di pagine alla Borsa, alle aziende, ai consumi, e agli svaghi, ma rimane una richiesta di serietà. (Giorgio Bocca, Repubblica, 6 luglio 2004, p. 1, Prima pagina) • All’austero liberalismo conservatore di [Luigi] Albertini non piacevano la spregiudicatezza manovriera del presidente del Consiglio, l’uso politico che spesso e volentieri egli faceva degli apparati dello Stato particolarmente in periodo elettorale, la sua inclinazione ad accondiscendere alle richieste dei socialisti a spese del bilancio dello Stato, nonché quella che egli giudicava una sostanziale mancanza di iniziativa in politica estera. Il «Corriere» di Albertini diventò così un vero e proprio giornale-partito (altro che asettica neutralità e cautela!): praticamente la vera opposizione, in ambito costituzionale, alla «dittatura parlamentare» di [Giovanni] Giolitti. (Ernesto Galli Della Loggia, Corriere della sera, 29 luglio 2007, p. 1, Prima pagina).
Composto dai s. m. giornale e partito.
Già attestato nella Repubblica del 14 gennaio 1986, p. 1, Prima pagina (Eugenio Scalfari).