gentile¹ agg. [dal lat. gentilis "che appartiene alla gens, cioè alla stirpe", poi "di buona stirpe"]. - 1. a. (ant.) [di persona, che si distingue per nobiltà di nascita, per eccellenza di stirpe e sim., sopravvivente attualmente solo nei comp. gentiluomo e gentildonna] ≈ aristocratico, illustre, nobile, patrizio. ↔ plebeo, popolano. b. (estens., lett.) [di persona, animo e sim., capace di concepire in sé sentimenti che nobilitano, che rendono magnanimi e sim.: Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende (Dante)] ≈ elevato, nobile. ↔ plebeo, vile, volgare. 2. a. [di persona i cui modi rivelano garbo, educazione, affabilità e sim.: essere g. con tutti] ≈ affabile, affettuoso, amabile, (fam.) carino, civile, cordiale, cortese, (non com.) costumato, educato, garbato, urbano. ↔ cafone, incivile, inurbano, maleducato, scortese, scostumato, screanzato, sgarbato, villano. ● Espressioni: fig., scherz., gentil sesso → □. b. [di atto, aspetto, ecc., che rivelano grazia, finezza, delicatezza e sim.: maniere g.; avere lineamenti g.] ≈ aggraziato, armonioso, delicato, fine, leggiadro. ↔ grezzo, grossolano, sgraziato, volgare, [di modi] goffo, [di modi] scomposto. □ gentil sesso [modo tradizionale, oggi poco accettato, di designare globalmente il sesso femminile] ≈ (scherz.) bel sesso, (scherz.) sesso debole. ‖ donne, femmine. ↔ (scherz.) sesso forte. ‖ maschi, uomini.
Nobiltà d’animo o buona educazione - Una persona che mostri affabilità e buona educazione può essere detta, genericam., g., agg. che, secondo i contesti, è ora più spostato verso il polo della generosità, ora verso quello dell’etichetta: Giustina accettò con riconoscenza la g. profferta di suo cugino (G. Verga); salutava le signore con una parola g. per ciascuna (G. Verga); accettò il mio omaggio colla indifferenza g. di un gran signore (A. Oriani). Il termine vanta una ricca tradizione letteraria, dai primordi dell’italiano, allorché designava l’animo (o la persona) predisposto ad accogliere l’amore (divino e terreno), con il sinon. nobile: al cor gentil rempaira sempre amore (G. Guinizzelli). Può talora anche riferirsi a caratteristiche fisiche o anche a un’immagine o a un suono, ed essere dunque anche sinon. di delicato,dolce,mite,tenue ecc., secondo il contesto: una ragazzina g. di complessione, graziosa nelle movenze (C. Dossi); la chiamata veniva da una camera in fondo alla casa e da una vocina g., gentilissima (V. Imbriani). G. ha anche usi cristallizzati, come per es. quello di introduttore di lettere formali (Gentile dottore; Gentilissimo – o Gent.mo – professore) o nel sintagma, ormai d’uso prevalentemente scherz., gentil sesso («le donne»).
Gentile in società - Alcuni sinon. di g. sottolineano l’essere ben disposto verso gli altri. Affabile e amabile accentuano, rispetto a g., l’aspetto dell’espansività: ogni sera la passavo con Giovanni che, dopo che m’aveva introdotto in casa sua, s’era fatto con me anche più affabile e intimo (I. Svevo). Disponibile è riferito a chi è facilmente accessibile, a chi non crea problemi, a chi non si tira indietro in caso di necessità. Cordiale, come g., va da un massimo di coinvolgimento emotivo sia in senso positivo (amicizia sincera e cordiale si trova effettivamente nel mondo, e non è rara [G. Leopardi]) sia, meno com., in senso negativo (siamo cordiali nemici). Ancora più marcato è affettuoso, appropriato per una persona che esterna sinceramente i propri sentimenti benevoli: mise il suo braccio sotto il braccio di lei, con un gesto affettuoso che eragli familiare (G. D’Annunzio). Analoghi sono amichevole, aperto e socievole. D’uso assai com., spec. nel registro fam., è carino, che sottolinea l’aspetto della dolcezza, anche se talora allude soltanto a una buona educazione: sei stato davvero carino a invitarci alla tua festa di laurea. Decisamente limitati alla sfera delle buone maniere e della buona convivenza sociale sono civile,cortese,garbato e il più formale urbano. Civile e urbano (etimologicamente a·ni, dato che entrambi rimandano al concetto di «cittadino» e di «città»: civis, urbs) alludono alla conformità a certe norme sociali: Consalvo era tornato d’un’indifferenza quasi serena ed urbana, poco lontana dall’affabilità (F. De Roberto). Cortese e garbato sottolineano il concetto di «eleganza dei modi», talora congiunta a una certa freddezza o ipocrisia, tant’è vero che il primo termine è etimologicamente legato a tutto quel complesso codice comportamentale che regolava la vita di corte: l’ubbriaco della sera avanti era ridivenuto il solito freddo e garbato signore dall’etichetta rigorosa e dal vestito nero (G. Verga). Cortese è anche impiegato, nello stile formale o iron., per pregare qualcuno di fare qualcosa: sarebbe così cortese da spostare la sua vettura? Educato è il termine meno marcato della serie, designando semplicemente una persona dotata di una buona educazione, dal comportamento ritenuto accettabile in società: è un ragazzo molto educato. Se si vuole sottolineare l’eleganza dei modi sono disponibili l’agg. signorile e il sost. signore (quest’ultimo termine indica una gentilezza e una disponibilità più sostanziale, meno esteriore, rispetto al primo): una volta era stato di modi distinti, quasi signorili (F. Tozzi); con me si è sempre comportato da signore. Riferito sia alle persone sia ai modi è l’intens. squisito, che può talora avere una sfumatura di affettazione: è stato di una gentilezza squisita. Dal sapore desueto (e dunque spesso usati in senso iron.) sono galantuomo e gentiluomo, che alludono il primo per lo più all’onestà, il secondo alla gentilezza dei modi: io sono un galantuomo: ho fatto i denari con il mio sudore (F. Tozzi); il duca era un gentiluomo molto distinto, che sapeva dirigere un ballo, come guidare un tiro a quattro (A. Oriani).
Gentile con le donne - Una serie a parte è quella legata al comportamento degli uomini nei confronti delle donne, secondo un codice oggi talora avvertito come ingiustamente discriminatorio tra i due sessi. I due termini più usati sono galante e cavaliere, entrambi riferiti alla gentilezza particolare da usarsi nei confronti di una donna: il colonnello sembrava sforzarsi di fare il galante verso di lei (G. Verga); è un cavaliere impeccabile: non lascia mai che una signora salga in macchina senza prima aprirle lo sportello. Talora anche gentiluomo può assolvere alla stessa funzione: per fare il gentiluomo offrì il braccio alla suocera mentre scendeva le scale. Marcati in senso spreg. o scherz. sono invece cascamorto, cicisbeo, damerino, galletto, gallo e moscone, che designano un uomo che fa di tutto pur di riuscire gradito alle donne: voi con tutte le donne fate il cascamorto (C. Goldoni).
Contrari - Gran parte dei numerosi contr. di g. è formata mediante l’aggiunta di un prefisso al lemma di partenza: incivile, inurbano, maleducato, scortese, sgarbato ecc. Talora la contrapposizione tra buona e cattiva educazione deve la sua origine a certi antichi stereotipi che solevano contrapporre la gente di città a quella di campagna, come mostra l’etimologia dei termini civile, urbano, villano, bifolco e altri cit. nella scheda CITTÀ. Tra i più comuni contr. di gentile ricordiamo cafone (frequente come insulto: sei proprio un cafone!), incivile (legato per lo più al comportamento sociale: da vero incivile, interrompeva sempre tutti), rozzo (che rimanda soprattutto ai modi e all’aspetto fisico: mi buttò le braccia al collo, con atto di espansione rozzo ma sincero [I.U. Tarchetti]), i più attenuati scortese e sgarbato (sei stato scortese a risponderle di farsi gli affari suoi) e infine maleducato, scostumato e screanzato (spesso usati nei confronti dei ragazzi dai modi spiacevoli: lo screanzato entrò senza salutare nessuno). Nell’italiano centro-merid. è com. anche ignorante, nel senso di «dalle brutte maniere»: che ignorante quel commesso!